• 17 commenti
  • 24/04/2023 15:38

Riaprire i Manicomi

Inutile girarci intorno. Dopo 40 anni bisogna rivedere e valutare con quale altre modalità riaprire i manicomi. Le strutture esistenti e gli ospedali o comunque i Tso servono a poco. Non si possono lasciare in giro personaggi che sono anche potenziali assassini, perché alcuni, si sa, possono arrivare a fare quello. Basterebbe anche un solo referendum per cancellare la legge Basaglia. Con altre modalità e con tutela dei sui ospiti ma il manicomio è una forma di protezione e garanzia per il soggetto ospitato e “ non detenuto “ .

I commenti

Matti liberi in Italia e all'estero?!
Ho potuto assistere a quello che è accaduto in una città del sud della Francia pochissimi anni fa.
Un tizio che faceva il 'matto' od era 'matto' è stato preso e impacchettato come un salame e portato via in un furgoncino della polizia, seduta stante, poliziotti silenziosi senza fiatare o dire 'a'.
Ho potuto assistere a quello che è accaduto in centro di Lucca un pò di anni fa. Un tizio che faceva il 'matto' od era 'matto', forse ubriaco di mattina, con bottiglia rotta in mano che minacciava i presenti, tutti, presente un vigile urbano, che rideva, ha continuato libero e felice a fare il 'matto', continuando a minacciare i presenti, solo Fortuna probabilmente ha deciso che nessuno fosse ferito o peggio.
Uno dei presenti diverso da un vigile tento di calmare il 'matto', riuscendoci solo in parte.
Mi misi in 'quasi salvo' dietro un tavolo e cercando in silenzio e tranquillamente via di fuga...
il vigile ha continuato a ridere, forse è un nuovo evoluto metodo italiano per far evaporare la follia.
Usci dall'area prendendo una via diversa dal solito,
abbastanza 'tremante'.
Tantissimi Auguri!

... - 26/04/2023 11:49

Psichiatra uccisa, la zia di Gianluca Paul Seung: “Sono distrutta. Chiedo scusa alla famiglia di Barbara Capovani”
L’intervista trasmessa in tv. “Questo ragazzo giovane, questo mio nipote, doveva essere curato. Lo Stato doveva fare qualcosa”


Pisa, 25 aprile 2023 – “Certo che voglio chiedere scusa a questa famiglia, certo. Ma solo Dio che ci può far qualcosa. Sono una mamma, lei aveva tre figli. Siete nelle mie preghiere, nelle mie preghiere ragazzi. Vi voglio bene. Vorrei conoscere questo ragazzi, quello si. Li vorrei vedere. Si è un gesto forte quello che voglio fare, ma sto male”. Sono queste le parole pronunciate dalla zia di Gianluca Paul Seung accusato dell’omicidio della psichiatra Barbara Capovani, brutalmente uccisa fuori dall’ospedale Santa Chiara di pisa, dove lavorava. Questa mattina, 25 aprile, il programma Storie italiane su Rai 1 ha trasmesso le dichiarazioni della donna che chiede scusa tra le lacrime.

“Questo ragazzo giovane, questo mio nipote doveva essere curato. Non era mia sorella che poteva fare qualcosa era lo Stato – ha aggiunto la donna nell’intervista anonima – Qualcuno deve intervenire perché sono situazioni che stanno succedendo tutti i giorni. Qui ammazzano come se niente fosse, mia sorella ha fatto di tutto e di più per poterlo aiutare ma era il figlio che non voleva vedere mia sorella. Da quando il figlio non stava bene si era chiusa si era allontanata anche da me”.

"L’ho visto 15 giorni fa qui fuori – ha concluso la donna – Passava a prendere il treno. Lui andava a Lucca a Pisa, a Napoli, cioè lo lasciavano anche libero. Lo tenevano un periodo sotto controllo poi lo lasciavano libero”.

francha - 26/04/2023 01:08

Psichiatra uccisa, Gianluca Paul Seung si riprende nel momento dell’arresto

Psichiatra uccisa, Gianluca Paul Seung si riprende nel momento dell’arresto
Il video-selfie pochi istanti prima che la polizia arrestasse il 35enne



Pisa, 25 aprile 2023 – Circola un video dell'arresto di notte a Torre del lago, in provincia di Lucca, di Gianluca Paul Seung, che sarebbe stato girato col telefonino dallo stesso assassino della dottoressa Barbara Capovani.


Nelle immagini concitate si sente la voce di un poliziotto che intima al 35enne più volte "Stai fermo, stai fermo”, mentre Seung gli replica “Sto qua, non faccio nulla”, “Non ho niente, guarda, non faccio nulla”. Poi verrà bloccato.

Il filmato dura 25 secondi e le immagini mostrano parzialmente l'interno dell'appartamento dove c'è evidente disordine degli arredi e degli oggetti. Secondo quanto emerge il video è stato condiviso da lui stesso ai suoi contatti, che poi lo hanno inoltrato ad altri finché ieri è arrivato anche ai cronisti.

nina - 26/04/2023 01:06

Pisa, 24 aprile 2023 –Pisa, 24 aprile 2023 – “Ero a una conferenza sulle buone pratiche in psichiatria”. Era il 29 gennaio 2018. Scriveva così in un post su Facebook Gianluca Paul Seung, l’uomo accusato di aver aggredito e ucciso la psichiatra Barbara Capovani. Nella foto pubblicata su Facebook, niente farebbe pensare a quello che sarebbe riuscito a fare anni dopo quell’uomo.

Eppure, se si continua a scavare nel passato di Gianluca tutto fa pensare a un profilo psicologico di estrema fragilità. Sui suoi profili social c’è di tutto. Disinformazione, complotti, deliri di un uomo che si definisce “uno sciamano mediatore fra invisibile e visibile che collega le dimensioni”. Seung, 35 anni e residente a Torre del Lago, aveva pure creato una pagina su Facebook dal nome “Associazione difesa utente psichiatrico”, dove pubblicava le foto degli atti giudiziari che lo riguardavano tra cui un verbale di arresto nel 2021 per essere evaso dai domiciliari.


"Molti psichiatri in Italia sono coinvolti in riti satanici dove uccidono i minori, fra cui Barbara Capovani”, scriveva su Facebook lo scorso luglio. L’uomo era evidentemente ossessionato da quella che poi sarebbe diventata la sua vittima.


E se i suoi profili social danno un chiaro quadro di quella che era la sua condizioni psicologica, la realtà è anche peggio. L’uomo, nato a Napoli nel dicembre del 1988, era già stato in carcere e anche ai domiciliari. Sfregiò al volto uno psichiatra dell’ospedale Versilia, molestò sessualmente una minorenne, aggredì con lo spray al peperoncino una guardia giurata del tribunale di Lucca.

Anche nel momento dell’arresto avvenuto tra sabato 22 e domenica 23 aprile, l’uomo ha aggredito con lo spray al peperoncino i poliziotti presentatisi a casa sua. Nella sua camera da letto, le forze dell’ordine hanno trovato anche una balestra. Adesso Gianluca Paul Seung si trova nel carcere di ‘Don Bosco’ di Pisa. L’accusa nei suoi confronti diventerà di omicidio aggravato dalla premeditazione.

Era il 29 gennaio 2018. Scriveva così in un post su Facebook Gianluca Paul Seung, l’uomo accusato di aver aggredito e ucciso la psichiatra Barbara Capovani. Nella foto pubblicata su Facebook, niente farebbe pensare a quello che sarebbe riuscito a fare anni dopo quell’uomo.

Eppure, se si continua a scavare nel passato di Gianluca tutto fa pensare a un profilo psicologico di estrema fragilità. Sui suoi profili social c’è di tutto. Disinformazione, complotti, deliri di un uomo che si definisce “uno sciamano mediatore fra invisibile e visibile che collega le dimensioni”. Seung, 35 anni e residente a Torre del Lago, aveva pure creato una pagina su Facebook dal nome “Associazione difesa utente psichiatrico”, dove pubblicava le foto degli atti giudiziari che lo riguardavano tra cui un verbale di arresto nel 2021 per essere evaso dai domiciliari.


"Molti psichiatri in Italia sono coinvolti in riti satanici dove uccidono i minori, fra cui Barbara Capovani”, scriveva su Facebook lo scorso luglio. L’uomo era evidentemente ossessionato da quella che poi sarebbe diventata la sua vittima.


E se i suoi profili social danno un chiaro quadro di quella che era la sua condizioni psicologica, la realtà è anche peggio. L’uomo, nato a Napoli nel dicembre del 1988, era già stato in carcere e anche ai domiciliari. Sfregiò al volto uno psichiatra dell’ospedale Versilia, molestò sessualmente una minorenne, aggredì con lo spray al peperoncino una guardia giurata del tribunale di Lucca.

Anche nel momento dell’arresto avvenuto tra sabato 22 e domenica 23 aprile, l’uomo ha aggredito con lo spray al peperoncino i poliziotti presentatisi a casa sua. Nella sua camera da letto, le forze dell’ordine hanno trovato anche una balestra. Adesso Gianluca Paul Seung si trova nel carcere di ‘Don Bosco’ di Pisa. L’accusa nei suoi confronti diventerà di omicidio aggravato dalla premeditazione.

maria - 26/04/2023 01:04


Pisa, 24 aprile 2023 – “Ero a una conferenza sulle buone pratiche in psichiatria”. Era il 29 gennaio 2018. Scriveva così in un post su Facebook Gianluca Paul Seung, l’uomo accusato di aver aggredito e ucciso la psichiatra Barbara Capovani. Nella foto pubblicata su Facebook, niente farebbe pensare a quello che sarebbe riuscito a fare anni dopo quell’uomo.

Eppure, se si continua a scavare nel passato di Gianluca tutto fa pensare a un profilo psicologico di estrema fragilità. Sui suoi profili social c’è di tutto. Disinformazione, complotti, deliri di un uomo che si definisce “uno sciamano mediatore fra invisibile e visibile che collega le dimensioni”. Seung, 35 anni e residente a Torre del Lago, aveva pure creato una pagina su Facebook dal nome “Associazione difesa utente psichiatrico”, dove pubblicava le foto degli atti giudiziari che lo riguardavano tra cui un verbale di arresto nel 2021 per essere evaso dai domiciliari.


"Molti psichiatri in Italia sono coinvolti in riti satanici dove uccidono i minori, fra cui Barbara Capovani”, scriveva su Facebook lo scorso luglio. L’uomo era evidentemente ossessionato da quella che poi sarebbe diventata la sua vittima.


E se i suoi profili social danno un chiaro quadro di quella che era la sua condizioni psicologica, la realtà è anche peggio. L’uomo, nato a Napoli nel dicembre del 1988, era già stato in carcere e anche ai domiciliari. Sfregiò al volto uno psichiatra dell’ospedale Versilia, molestò sessualmente una minorenne, aggredì con lo spray al peperoncino una guardia giurata del tribunale di Lucca.

Anche nel momento dell’arresto avvenuto tra sabato 22 e domenica 23 aprile, l’uomo ha aggredito con lo spray al peperoncino i poliziotti presentatisi a casa sua. Nella sua camera da letto, le forze dell’ordine hanno trovato anche una balestra. Adesso Gianluca Paul Seung si trova nel carcere di ‘Don Bosco’ di Pisa. L’accusa nei suoi confronti diventerà di omicidio aggravato dalla premeditazione.

izia - 26/04/2023 01:04

Psichiatra uccisa, attacco alla legge Basaglia
Psichiatra uccisa, attacco alla legge Basaglia
I due minuti di silenzio dei colleghi di Psichiatria davanti all’ospedale Santa Chiara di Pisa - Ansa
Speculazione ideologica di Lega e Fd’I sull’omicidio, a Pisa, della dottoressa Barbara Capovani ad opera di un suo ex paziente. Parla Peppe Dell’Acqua, ex direttore del Dsm di Trieste, nel mirino della Lega
Pubblicato 19 ore fa
Edizione del 25 aprile 2023
Marco Rovelli
L’omicidio della psichiatra dell’ospedale di Pisa Barbara Capovani ad opera di Gianluca Paul Seung, una persona affetta da un disturbo mentale che era stata in cura presso l’Spdc che lei dirigeva, ha scosso profondamente tutto il settore della salute mentale. Ma la dottoressa era stata appena aggredita che sul suo corpo già si precipitava una speculazione ideologica.

La responsabilità è dell’antipsichiatria, scriveva Mario Di Fiorino, direttore del Dipartimento di Salute mentale (Dsm) della Versilia a cui Seung faceva capo, pubblicando sue fotografie insieme a psichiatri democratici (e non certo antipsichiatri) come Peppe Dell’Acqua – storico collaboratore di Basaglia, nonché direttore del Dsm di Trieste per 17 anni, e Vito D’Anza, facendoli apparire come i mandanti; laddove, invece, Seung era intervenuto a convegni aperti a tutti, associazioni di familiari e di utenti dei servizi psichiatrici.

Qualche ora dopo, il deputato leghista pisano Ziello invocava la riapertura dei manicomi – come, peraltro, prevede una proposta di legge presentata dalla stessa Lega nella scorsa legislatura, con la consulenza dallo stesso Di Fiorino (adesso candidato con Fratelli d’Italia per le elezioni comunali di Pietrasanta). Più genericamente, ma nello stesso senso, i deputati della Lega dicono che «bisogna aprire una riflessione sulla legge Basaglia», e che il Paese ha bisogno di «una nuova norma».

POI C’È CHI CHIEDE più posti nelle Rems, ovvero le strutture che hanno sostituito gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari dopo la loro chiusura. Ma è tutta qui la questione? O forse questa vicenda ci induce a riflettere sul modello organizzativo e culturale della psichiatria oggi in Italia? Non pone al centro, semmai, la necessità del cambiamento di paradigma, da una psichiatria biomedico-burocratica a una psichiatria territoriale? Ne ho parlato con Peppe Dell’Acqua.

«LE RICHIESTE ALLARMATE di sicurezze e posti letto in realtà coprono un fallimento, quello della rete dei servizi di salute mentale a livello territoriale», fa notare Dell’Acqua.

«Parlare adesso solo di pericolosità sociale e sicurezza – continua – non fa che peggiorare la situazione. Più procede l’impoverimento culturale, organizzativo e di risorse dei Servizi di salute mentale, degli operatori, delle accademie, questi rischi diverranno sempre maggiori. Le Rems non possono impedire questi eventi. Non sono uno strumento di prevenzione: arrivano a valle. Prima, ci devono essere prevenzione e cura: ci vogliono servizi che si prendano carico di una persona che soffre di un disturbo mentale, che la seguano sul territorio, che non la lascino a se stessa; e invece troppo spesso per queste persone ci sono solo farmaci long acting una volta al mese e residenzialità nei centri. Bisogna rovesciare il paradigma, ponendo come pietra angolare dei servizi il Centro di Salute Mentale, investire risorse. Ma da questo punto di vista la regionalizzazione è stata un disastro, non abbiamo nemmeno gli strumenti per confrontare quel che accade nelle diverse regioni. E gli Spdc sono diventati l’unico baluardo, un fortilizio, luoghi distantissimi dal territorio e dalle cure: provo moltissima solidarietà coi medici che ci lavorano, perché sono il luogo dove si delega tutto quello che dovrebbe essere diffuso sul territorio, e loro sono come soldati gettati in trincea».

Invece di cominciare a riflettere su queste questioni strutturali, si imputa alla legge Basaglia la responsabilità per non garantire la sicurezza sugli operatori. Ma, anche in questo caso, le cose stanno ben diversamente.

Una volta constatata la pericolosità sociale di un soggetto, si deve agire. In questo caso ad agire doveva essere il Dsm della Versilia, che ha un suo responsabile, psichiatri, psicologi e una rete di servizi sociali. Dopodiché, se e quando le magistrature ricevono una perizia che dichiara la pericolosità sociale, agire tocca a loro, predisponendo una misura di sicurezza in una Rems, o anche ordinando la permanenza in carcere, dove devono esserci i servizi di salute mentale che se ne prendano cura. Ma se non c’è una rete che lavora insieme, quel che resta è un rimpallo di responsabilità. Detto questo, non siamo certo onnipotenti, e la scintilla impazzita potrà esserci sempre e comunque. Purtroppo, in cinquant’anni di lavoro ho dovuto più di una volta piangere dei colleghi, prima e dopo a chiusura dei manicomi, prima e dopo la chiusura degli Opg.

Tra le varie menzogne ideologiche di chi specula sulla tragedia di Pisa, c’è anche quella che gli psichiatri “democratici” sono dei buonisti, e vogliono proteggere “il matto” a tutti i costi, e privarlo della responsabilità giuridica di fronte a reati commessi. Ma, anche in questo caso, non è affatto così.

Nel nostro sistema forense c’è la teoria del doppio binario: da una parte la malattia, dall’altra il delitto. Nel momento in cui una persona affetta da disturbo mentale commette un reato scompare il principio della responsabilità soggettiva. Non è più un soggetto a aver commesso il reato, ma una figura impalpabile, la malattia mentale. Per molti giuristi e costituzionalisti, e lo diciamo da cinquant’anni, la perizia psichiatrica – eredità del positivismo ottocentesco, e un atto che non ha nulla di scientifico – andrebbe abbandonata: ogni persona è responsabile di ciò che fa.
*Autore di «Soffro dunque siamo. Il disagio psichico nella società degli individui».

Pubblicato 19 ore fa
Il manifesto

Enry - 25/04/2023 19:17

Psichiatra aggredita a Pisa: i deliri dello ’Sciamano’. Odio, complotti e satanismo. E la terribile previsione: ucciderà
Nei post dell’italo-cinese Gianluca Paul Seung l’ossessione morbosa per la dottoressa Capovani. Una guardia giurata aggredita dal 35enne: “Tragedia annunciata”. Una vita fra arresti, denunce

Pisa, 24 aprile 2023 – “Sì, l’ho incontrato, perfino in qualche convegno psichiatrico. Anche fuori Toscana, certo. Ero ben stupito che lo facessero parlare al microfono, ma era il presidente di un’associazione e poteva capitare che lo invitassero per interventi pubblici". L’associazione in questione ha nome ‘Adup’ – Associazione Difesa Utente Psichiatrico –, conta 138 seguaci su Facebook e lo "Sciamano" alias Gianluca Paul Seung ne tirava le fila. Lo stupore di Vito D’Anza, psichiatra e direttore del dipartimento di Salute mentale della Valdinievole, nel pistoiese, appare comprensibile. Il curriculum vitae del 35enne accusato dell’aggressione della dottoressa Barbara Capovani è corposo e nefasto. Padre di origine cinese, madre napoletana, si è trasferito da giovane in Versilia dove non ha terminato gli studi superiori. Sono almeno quattro i processi in corso per svariati episodi inoltre è stato accusato di violenza, di aver molestato in Versilia una ragazzina di 13 anni ed evasione dagli arresti domiciliari: nessun provvedimento però ha raggiunto l’ultimo grado di giudizio.



“Una persona con molti problemi", sussurra Vito D’Anza con discrezione. "Un soggetto pericoloso", lo definiscono gli inquirenti che lo avevano colpito con un foglio di via per non fare più rientro a Pisa, qualche mese fa.


Il volto inquietante di Seung traspare anche dalle lunghe mail cariche di odio e accuse che spedisce con cadenza regolare agli organi di informazione. Il 4 dicembre denuncia a La Nazione la vendita di vaccini tossici. In un simile contesto disturbato, il nome della dottoressa Barbara Capovani compare regolarmente, come una ricorrente ossessione. L’incontro avviene nel 2019 e Capovani ne intende subito la pericolosità formulando una diagnosi di disturbo narcisistico, sottolineando come il paziente fosse tuttavia totalmente consapevole delle proprie azioni. Nella mente dello Sciamano il medico si trasforma in un mostro: è accusata di vendere cellule staminali insieme a Putin, di essere una spia e perfino di cucinare pietanze sovietiche in un ristorante della zona. Nel post del 17 luglio 2022, dal titolo ‘Rituali satanici’ si raggiunge l’apice: "Usano valute virtuali del tutto anonime, per comprare carne umana. Psichiatri di Pisa sono coinvolti: Barbara Capovani in testa". La foto che accompagna il delirio ritrae una bambina con un pugnale. Sul profilo del sospettato rientrano anche foto di atti giudiziari che lo riguardano: un esposto contro l’allora premier Draghi presentato alla guardia di finanza viareggina e un verbale di arresto a Lucca nel 2021 per essere evaso dagli arresti domiciliari. E ancora. Nel novembre 2012, lo "Sciamano" aggredì il suo medico Mirko Martinucci mentre sedeva al tavolo assieme alla moglie. Il dottore fu colpito alle spalle e ferito a una guancia con una penna. Quindi Seung fuggì all’interno di un teatro, sorpreso dalle Volanti mentre se ne stava seduto in platea a godersi lo spettacolo. Nel 2021, questa volta a Lucca, aggredì per ben due volte una guardia giurata del tribunale, Vincenzo Santagata. La prima volta gli uffici erano chiusi, ma lui tentò di entrare a tutti i costi, ferendolo al volto, perché aveva "rivelazioni importanti da fare". La seconda volta, invece, arrivò per assistere a un’udienza armato di spray al peperoncino e quando gli fece notare che era senza mascherina, glielo spruzzò negli occhi.


"Quando ho letto che era lui, il presunto aggressore, mi si è gelato il sangue – ha commentato Santagata –. Ha dimostrato più volte di essere pericoloso e imprevedibile. Il rischio che potesse fare veramente del male a qualcuno, era grande. E purtroppo così è stato. Sono dispiaciuto per la dottoressa Capovani".

Antico - 25/04/2023 17:42

Violenza in psichiatria, riaprire i manicomi non è la soluzione


di Veronica Rossi 24 aprile 2023

Secondo lo psichiatra Vito D'Anza, i comportamenti violenti da parte delle persone con disturbi mentali si possono ridurre attraverso una reale applicazione della riforma della salute mentale legata alla Legge 180, tramite un approccio che non neghi l'utilizzo dei farmaci, ma si componga di tanti altri elementi, come il dialogo, l'ascolto e la creazione di un rapporto di fiducia tra curante e curato. Per far questo, però, servono le risorse, che al momento scarseggiano
«Non ero il medico di Gianluca Paul Seung, ma l’ho incontrato a molti convegni e sporadicamente è venuto a trovarmi a Montecatini; l’ultima volta che l’ho visto, quattro o cinque anni fa, gli ho detto che aveva assolutamente bisogno di curarsi, perché non stava bene. Non mi aspettavo, però, questo tipo di violenza». Sono questi i ricordi di Vito D’Anza, direttore del dipartimento di salute mentale dell'ospedale di Pescia, in provincia di Pistoia, sull’uomo che avrebbe aggredito la psichiatra Barbara Capovani fuori dall’ospedale di Pisa, causandone la morte. La vicenda, tuttavia, potrebbe essere sintomo di un malessere più profondo del mondo della psichiatria, che trova le sue radici nel tradimento della riforma legata al nome di Franco Basaglia.

Dottore, episodi di questo tipo possono aumentare lo stigma legato alla malattia mentale?
Sicuramente. E in questa fase il problema più grosso è che questo contribuisce a dare un colpo alla riforma psichiatrica italiana. Ho visto dal giorno dopo costituirsi delle chat riservate a psichiatri e a specializzandi in psichiatria in cui il leitmotiv è, velatamente o meno, la riapertura dei manicomi, con centinaia di iscritti. Questa vicenda è drammatica, perché in un mondo ideale episodi del genere non dovrebbero succedere; nel mondo reale, tuttavia, succedono e probabilmente succederanno di nuovo in futuro. Anche quando erano in auge i manicomi e gli Ospedali psichiatrici giudiziari – Opg, fatti del genere accadevano: solitamente le persone in queste strutture finivano dopo aver commesso reati, non prima. Ora, però, c’è una fame di ritorno ai manicomi; oggi potremmo affermare che la riforma è completamente bloccata – per non dire che è fallita – agli occhi di tante persone. L’opinione pubblica va in tutt’altra direzione rispetto alla 180.

Vito D'anza Fb
Anche quella degli psichiatri?
Soprattutto quella degli psichiatri. Negli ultimi anni di fatti così tragici non ce n’è stato solo uno, ma nemmeno moltissimi. Anche in pronto soccorso c’è un alto tasso di aggressioni agli operatori. Qual è la risposta, chiudere il pronto soccorso? In psichiatria, però, c’è sempre il tema della follia, della paura di ciò che non conosciamo, di quello che non riusciamo ancora a capire e ad afferrare. Il vero problema è che ci stiamo avviando verso una china dalla quale non sarà possibile risalire o, almeno, non sarà più possibile risalire applicando la riforma per come la conosciamo. Questo modo di vedere la salute mentale sta dilagando: c’è gente incolta e ignorante che imputa quello che è successo a Pisa a quella che loro chiamano «antipsichiatria», dicendo che ci sarebbero degli psichiatri troppo accondiscendenti con i pazienti.

Ma non è così.
Probabilmente si tratta di un concetto che noi che da 30 o 40 anni lavoriamo nel contesto della riforma non abbiamo ribadito con abbastanza forza in passato. Per loro, se non sei d’accordo che il farmaco sia l’unica risposta alla malattia mentale allora sei un «antipsichiatra». Il punto, invece, è un altro: esiste un modo di fare psichiatria, che è quello della riforma, in cui è contemplato il farmaco, ma ci sono anche tanti altri elementi, legati a una situazione più relazionale, umana e sociale. Di questo, ormai, si stanno perdendo le tracce.

All’indomani dei tragici fatti di Pisa, tre rappresentanti della Società italiana di psichiatria hanno scritto una lettera in cui denunciano che il 34% delle aggressioni avviene nell’ambito della salute mentale e il 20% in pronto soccorso. Come si può rendere il lavoro degli psichiatri e degli altri operatori più sicuro?
Le persone devono essere ascoltate, innanzitutto, accolte, bisogna instaurare un rapporto di fiducia tra chi sta male e chi è deputato alla cura di questa sofferenza. Invece, più si va avanti con gli anni più tutto questo viene ridotto: si mettono insieme i sintomi, si fa una diagnosi, si dà un farmaco e se in questo modo la sofferenza non diminuisce è colpa del paziente. In una situazione di questo genere gli episodi come quello accaduto a Pisa sono destinati a crescere e la risposta non è riaprire i manicomi, strutture in cui il soggetto non esiste più. Queste istituzioni non eliminano le aggressioni, perché sono ineliminabili; le violenze, semplicemente, accadevano prima che la persona entrasse negli ospedali psichiatrici o negli Opg. Com’è possibile ridurre l’aggressività e la violenza di chi ha disturbi mentali verso gli operatori? Io sono in un servizio, fatto di gente in carne e ossa, e vedo in faccia coloro che ci lavorano: chi entra in servizio adesso è molto meno sereno di chi arrivava 20 anni fa; ci vuole però tranquillità per curare persone che del tutto tranquille non sono.

Si può dire quindi che parte della responsabilità di questa situazione stia nella carenza di risorse che vive la salute mentale?
Ho passato parte degli ultimi tre o quattro anni della mia attività insieme agli operatori che fanno la prima accoglienza di chi arriva a chiedere aiuto: il personale si è drasticamente ridotto, può capitare che ci siano delle urgenze e che chi viene debba aspettare, oppure che qualcuno abbia appuntamento con un dottore ma gli si debba dire che il medico non c’è perché ha dovuto andare in ospedale a sostituire un collega assente. La carenza di risorse ha un impatto diretto su chi ha un disagio mentale e può essere una delle cause di reazioni di insofferenza che rischiano di sfociare in atti violenti.

Come si può intercettare chi non vuole essere curato?
Queste persone, che la clinica psichiatrica definisce «non collaboranti», sono sempre esistite. Il punto è che, come dice il professor Andrea Fagiolini, direttore della clinica universitaria di Siena, il farmaco, che sembra qualcosa di neutrale, di asettico, ha effetto e funziona a seconda di chi lo dà e di come lo dà, se si inserisce all’interno di un rapporto per cui una persona viene accompagnata nelle fasi iniziali, in cui comincia a prendere un farmaco e si accorge che qualcosa dentro di lei sta cambiando. Questo dovrebbe avvenire soprattutto all’interno di un servizio di salute mentale: bisognerebbe spiegare gli effetti delle sostanze, non fare la prescrizione e dire che il paziente deve prendere i farmaci perché lo dice il medico, a cui si deve ubbidire. Oggi, invece, si verifica proprio quest’ultima situazione, un po’ perché non ci sono risorse e personale, quindi nemmeno tempo per seguire adeguatamente chi vive un disagio psichico, e un po’ perché la cultura si sta purtroppo spostando in quella direzione.

Gina - 25/04/2023 17:37

Articolo 2016


san[t]ità. VITO D’ANZA SOLLEVATO DAL PRIMARIATO?
Postato in 27 Febbraio 2016 da Edoardo Bianchini


PISTOIA-VALDINIEVOLE. Voci non confermate, ma insistenti, stanno circolando in queste ore con la notizia che il dottor Vito D’Anza starebbe per essere sollevato dall’incarico di primario di psichiatria nella nostra provincia

A fianco di ciò si sottolinea che il dottor Daniele Mannelli, direttore della SdS Pistoiese, sarebbe chiamato a prendere il suo posto fino al completamento del concorso per il primariato che rimarrebbe vacante.

Viene, a questo punto, da chiedersi se, legata a queste voci, sia pure la vicenda dell’infermiere aggredito a Montecatini, da un paziente psichiatrico, e poi ricoverato a Pescia e che dovrebbe avere avuto seri problemi con l’occhio colpito dal malato durante le manifestazioni di disequilibrio.

Ma per questo giriamo formalmente il tutto all’ufficio coordinamento informazione Asl Area Vasta Toscana Centro: perché ci faccia avere una nota definitiva del megadirettore Paolo Morello Marchese.

[Edoardo Bianchini

Mah - 25/04/2023 17:35

Lei fa quello che faceva qualcun altro?!? Ma per favore, non faccia il nome di un medico.

anonimo - 25/04/2023 13:32

Magari ci sono anche psichiatri che dicono che stanno bene e li portano ai convegni antipsichiatrici tale Danza Vito...

Eder - 25/04/2023 09:53

Gli ospedali psichiatrici esistono in tutte le nazioni e in quelle civili sono appunto ospedali e non campi di detenzione. Solo in Italia, visto che alcuni di essi erano strutture indecenti, che vennero definite "manicomi lager", li si chiuse tutti. Soluzioni all'italiana. Detto questo non è detto che il tizio di Torre del Lago sarebbe stato in un ospedale psichiatrico qualora essi fossero ancora esistenti. Infatti non è accettabile pensare che si possa attuare oggi una detenzione preventiva come quella che c'era sessant'anni fa.

anonimo - 25/04/2023 03:02

Osservando i corsi e i ricorsi della nostra storia recente vediamo che il pendolo, dopo aver compiuto la sua oscillazione verso il polo della difesa dei diritti di libertà di scelta e di autonomia, torna a riconsiderare, in chiave beneficiale, il polo del diritto all'accoglienza, alla protezione e al contenimento.
Vanno contemperati i differenti diritti in gioco, il diritto alla libertà di cura ma ma anche alla protezione.

Si aspetta delle reazioni contrarie?
Certo, la legge Basaglia non sarebbe immaginabile senza il '68. Ci sono carriere che si sono costruite con l'adesione al pensiero dominante. E poi ci sono interessi economici: si pensi al mondo delle Cooperative. Nel 2000 avevamo 17.600 pazienti inseriti nelle piccole comunità, con un grande numero di lavoratori e rette giornaliere da 150 a 200 euro a persona: si fa presto a fare due conti. Ma non ci sarà bisogno nemmeno di disboscare troppo questo mondo. È sufficiente che il Governo affermi il principio che anche l'Italia deve dotarsi, come ogni altro paese nel mondo, di strutture pubbliche per assolvere al dovere di cura dei pazienti più problematici.
Certo quando si ripropongono delle strutture ospedaliere in Psichiatria è normale che vengano riesumati tutti i luoghi comuni come la camicia di forza, l'elettroshock o la lobotomia. Ricordiamo che i primi attacchi all'ospedale psichiatrico sono stati di matrice settaria.
Il Ritiro di York, la prima istituzione per malati mentali a porte aperte (open door) e senza contenzione (no restraint) venne inaugurata a York nel 1796, dopo una raccolta di fondi promossa dal leader dei Quaccheri, William Tuke. La controversia e la diffidenza nei confronti dei nascenti ospedali psichiatrici si era acuìta a seguito della morte di una paziente quacchera. Del resto doveva esistere un pregiudizio di fondo, considerando che anche il Fondatore del Quaccheri, George Fox, era stato ricoverato in un ospedale psichiatrico.
Oggi a ripetere i logori slogan dei Quaccheri sono rimasti i basagliani.

Enza - 24/04/2023 21:36

Fino al prossimo morto ammazzato.
Almeno che fusse uno dell'elite che li ha voluti e li vòle tutti fora liberi e felici!
Farò anche peccato, ma di un Mondo così, per di più fabbricato a tavolino.....
'Un se ne pòle più.
Il dittaggio meglio un criminale fora che un innocente drento, potrebbe esse', meglio un morto dell'elite ammazzato da criminale fora che un morto innocente drento.
Iolai!

... - 24/04/2023 20:37

Che ne parleremo in questi giorni e poi, come la maggior parte dei casi, finirà tutto a tarallucci e vino.

L. - 24/04/2023 18:05

Il fatto è che in Italia non si conoscono ne si applicano le 'giuste vie di mezzo'.
Ricordo un intervista a Tobino che era contro la Legge Basaglia.
Lui li conosceva i 'matti'.
In quella intervista parlava di alcuni tipi di casi psichiatrici molto pericolosi, che non sarebbe stato fisicamente possibile 'trattarli' al di fuori di una adatta struttura, invece che ha fatto la Legge?
In genere scaricati sulle famiglie totalmente impotenti.
Qui a rigor di logica e di Natura, il famoso ed inafferrabile 'legislatore', sarebbe da arrestare per
OMICIDIO VOLONTARIO PREMEDITATO.

... - 24/04/2023 17:03

http://www.fondazionemariotobino.it/
MARIO TOBINO E LA FOLLIA - Le interviste a Tobino
[...] Tuttavia l’onda del ’68 dichiarò che la follia non esisteva o era frutto dello sfruttamento dei padroni e la normativa portò alla chiusura dei manicomi. Nonostante “Le Monde” avesse definito la Legge 180 la migliore del mondo, Tobino obiettava che le difficoltà della sua applicazione erano enormi; le famiglie non erano in grado di gestire i deliri di colpa, di rovina, la malinconia senza il supporto di personale altamente qualificato, perché tali patologie “ non nascono da affetti alterati come sostengono coloro che riducono ogni cosa al sociale, non sono desideri di tenerezza e di affettuosità non esauditi, ma deliri paranoici, cioè filiazioni della perversa mente alterata.” [...]
La cronaca di quella battaglia, che fu culturale, civile e letteraria, vide Tobino in prima linea; purtroppo delle cinque/sei ore di intervista rilasciata alla RAI in difesa dei manicomi furono trasmessi solo tre minuti, come si lamentò con il giornalista Vincenzo Pardini. In quella occasione fece parlare due infermiere, Pia Tognotti e Rosanna Bianchi, che confermarono i danni procurati dall’entrata in vigore della legge 180, forti della loro professionalità ed esperienza e con la pietas che Tobino definì propria “della civiltà lucchese”.
“E io non li ho saputi né proteggere nè vendicare. La mia angoscia continua. Spero dunque, perché come scrittore e come medico ho fiducia negli uomini, che qualcuno di quelli in alto voglia rivedere questa iniqua legge e voglia ridare una casa agli ammalati di mente, così abbandonati e così indifesi.”

... - 24/04/2023 16:55

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