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I DUE REFERENDUM SULLE ARMI GIOVANO ALL'AGGRESSORE RUSSO NON
ALL'AGGREDITO UCRAINO
Il giurista democratico borghese Ugo Mattei utilizza i referendum per crearsi le alleanze
necessarie per realizzare il suo progetto politico
Abbiamo partecipato all’incontro online del 7 aprile in cui il giurista democratico borghese Ugo
Mattei, già presidente del CLN (Comitato di liberazione nazionale), organizzazione definita
“storicamente evocativa della gravità del momento”, ha presentato, a diversi partiti e organizzazioni
della sinistra di opposizione e di classe nostri alleati nel fronte unito d’azione, i tre referendum da
lui ideati, con il lancio della campagna “L’Italia per la pace”, organizzata in particolare su due
quesiti volti a “impedire il continuo e dispendioso trasferimento di armi in Ucraina”. Ebbene non ci
ha né convinto, né fatto cambiare idea su questa operazione che per noi si presenta come una
subdola iniziativa pacifista, promossa dai putiniani palesi o occulti, sponsorizzati da “Il Fatto
Quotidiano” di Travaglio, Putin e Conte. Di fatto i due referendum sulle armi giovano
all’aggressore russo non all’aggredito ucraino, mentre quello sulla “sanità pubblica”, per la sua
parzialità e specificità del quesito non torce un capello ai pescecani della sanità privata e si presenta
esclusivamente come uno specchietto per le allodole in funzione dei quesiti principali sulle armi
all’Ucraina.
A chi giovano i quesiti referendari sulle armi?
La campagna è sostenuta dal comitato “Ripudia la Guerra”, con portavoce Enzo Pennetta, e di
“Generazioni Future”, presidente lo stesso Ugo Mattei. Garanti della campagna, che partirà
ufficialmente con la raccolta firme dal 22 aprile, ne occorrono 500mila per ogni quesito per avere
poi il parere della Corte costituzionale, una nutrita serie di personalità del mondo politico e
culturale, praticamente tutti putiniani palesi o occulti, oltre a Mattei e Pennetta vi troviamo tra gli
altri Manlio Dinucci, Carlo Freccero, Franco Cardini, Sergio Foà, Moni Ovadia, Vauro Senesi,
Germana Leoni, Alberto Bradanini e il prete Alex Zanotelli.
Il primo quesito recita: “Volete voi che sia abrogato l’art.1 del decreto-legge 2 dicembre 2022,
n.185 (Disposizioni urgenti per la proroga dell’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed
equipaggiamenti militari in favore delle Autorità governative dell’Ucraina), convertito in legge n.8
del 27 gennaio 2023 nelle parole: “È prorogata, fino al 31 dicembre 2023, previo atto di indirizzo
delle Camere, l’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in
favore delle autorità governative dell’Ucraina, di cui all’art. 2-bis del decreto-legge 25 febbraio
2022, n.14, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 2022, n. 28, nei termini e con le
modalità ivi stabilite.”? Il secondo: “Volete voi che sia abrogato l’art. 1, comma 6, lettera a), legge
09 luglio 1990, n. 185, rubricata “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e
transito dei materiali di armamento”, e successive modificazioni (che prevede: “6. L’esportazione, il
transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiali di armamento sono altresì
vietati: a) verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i princìpi dell’articolo 51 della
Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse
deliberazioni del Consiglio dei ministri, da adottare previo parere delle Camere”) limitatamente alle
parole “o le diverse deliberazioni del Consiglio dei ministri, da adottare previo parere delle
Camere”?
Due quesiti che potevano avere un senso se posti in buona fede pacifista e antimperialista un anno
fa, a tambur battente, allorché anche noi marxisti-leninisti, pur appoggiando da subito la Resistenza
ucraina all’invasione neozarista russa, ci siamo espressi decisamente contro l’invio di armi
all’Ucraina deciso dal governo Draghi per il fatto che esponeva il nostro Paese e il nostro popolo ad
una guerra di ritorsione da parte dell’imperialismo russo, senza tuttavia condannare la stessa
Ucraina nella sua legittima richiesta di armi ad altri paesi per difendersi dalla criminale aggressione.
Non certo oggi, dopo 14 mesi, allorché è chiaro come la luce del sole che nessuna pace può essere
“giusta” se non contempla un’Ucraina libera, indipendente, sovrana e integrale. Non darle le armi
vuol dire oggi fare il gioco dell’aggressore russo guidato dal criminale di guerra Putin, che ha
distrutto un Paese, ucciso migliaia e migliaia di civili, tra cui molti bambini, e quelli che
sopravvivono lo fanno senza acqua, senza elettricità e al freddo, non certo dell’aggredito ucraino, i
cui sacrosanti diritti all’autodeterminazione, all’indipendenza e alla libertà sono quotidianamente
martellati dai bombardamenti russi. Occorre chiedere prima il ritiro immediato dell’esercito
neozarista russo dentro i suoi confini e poi eventualmente esprimersi contro l’invio delle armi
all’Ucraina.
Far passare questa operazione come esclusivamente pacifista, indipendente e disinteressata, ai
banchini della raccolta delle firme, ha voluto rassicurare lo stesso Mattei, saranno vietate “le
bandiere sia della Russia che dell’Ucraina”, è un modo subdolo per riaffermare quello che lui e gli
altri firmatari hanno sempre dichiarato ai media da un anno a questa parte e cioè giustificando in
qualche modo l'invasione russa come una conseguenza della politica ostile della NATO, del riarmo
dell'Ucraina e del suo rifiuto di trattare sull'autonomia del Donbass e sulla Crimea, tenendo una
posizione di ambigua equidistanza tra l'aggredito e l'aggressore, sostenendo che non è vero che gli
ucraini stanno validamente resistendo alle preponderanti forze russe, che anzi la Russia sta
avanzando nel Donbass e nel Sud dell'Ucraina e che perciò il governo Zelensky deve rassegnarsi
alla cessione di suoi territori se vuol far finire la carneficina e le distruzioni.
La sponsorizzazione de “Il Fatto quotidiano”
Da quando l'armata neonazista di Putin ha invaso l'Ucraina “Il Fatto Quotidiano” diretto da Marco
Travaglio è diventato sempre più ricettacolo e organo di riferimento dei filo putiniani italiani, sia
attraverso gli editoriali del suo direttore e di altri membri della redazione, sia ospitando in maniera
più o meno regolare gli interventi di alcuni tra gli esponenti più noti di questa corrente. Per questo
non poteva mancare l’appoggio incondizionato e il grandissimo risalto all’operazione di Mattei &
C., avvenuti con il titolo di scatola dedicato in prima pagina dell’edizione dell’8 aprile e le ben due
pagine interne a firma del suo vicedirettore, il trotzkista Salvatore Cannavò, ex Sinistra Critica. Da
megafono di Putin “Il Fatto” si è allargato anche ad organo di stampa del Movimento 5 stelle e di
Conte in particolare. Non per niente in questa occasione grande spazio è stato dato all’ex sindaca di
Roma Virginia Raggi, che si è subito offerta quale incaricata per la ratifica delle firme dei
referendum. Per l’esponente pentastellata “in questo momento di crisi partitica che ci restituisce dati
drammatici sull’astensionismo elettorale, riportare le persone a confrontarsi nelle pubbliche piazze
su temi reali, è fondamentale esercizio di democrazia e partecipazione di cui il nostro paese ha
davvero bisogno”. Nello specifico “Dobbiamo chiederci – continua la Raggi – se mandare
armamenti all’Ucraina sia stato efficace per accelerare la fine del conflitto. Io credo di no. Non sono
filo-Putin ma rispetto ad un anno fa siamo più lontani dalla pace. Per questo il 22 aprile sarò a
Roma con tutti i consiglieri comunali che condividono questa battaglia per raccogliere le firme nei
banchetti, come avverrà in tante altre città”.
Il progetto politico di Mattei
Non può sfuggire altresì come dietro questi referendum ci sia un preciso progetto politico di Mattei.
L’ambizioso giurista democratico borghese di fatto li utilizza per crearsi le alleanze necessarie al
suo progetto, rivolto a una vasta area considerata “antisistema”, che opera per la “comunità e i beni
comuni”, per la pace e il disarmo, contro il neoliberismo. Lo stesso simbolo del nuovo CLN è l’ape
operaia e lavoratrice per il bene comune, in una Repubblica “fondata sul lavoro” ma che per Mattei
ha negato il diritto di lavorare ai tanti che in pandemia “non si sono piegati al liberticidio della
certificazione Covid”. Resistenza dunque al neoliberismo, senza mai citare il capitalismo e come
fare per abbatterlo.
Un progetto ingannevole, che illude gli “antisistema” che si possa cambiare il “sistema” tramite
esso; che non favorisce la maturazione della coscienza rivoluzionaria delle masse, in particolare del
proletariato; che non pone la questione della conquista del potere politico, del socialismo.
A conferma di quanto ci ha illustrato il Segretario generale del PMLI, compagno Giovanni Scuderi,
nel suo mirabile editoriale per il 46° Anniversario della fondazione del Partito allorché ha scritto:
“C'è una questione molto importante, fondamentale, che è completamente assente nel dibattito
politico. È la questione del potere politico, la madre di tutte le questioni. I partiti del vigente regime
capitalista neofascista non hanno alcun interesse a parlarne perché a costoro sta bene che al potere
ci sia la borghesia. L'unico partito che ha interesse a parlarne è il PMLI, il cui compito generale è
quello di guidare il proletariato, la classe delle operaie e degli operai, alla conquista del potere
politico”.
Lo strumento dei referendum assume un grimaldello particolare nella strategia di Mattei. “Il
referendum sull’acqua – ha dichiarato Ugo Mattei a ‘Il Fatto’ dell’8 aprile – è per noi un modello
positivo di riferimento, perché anche allora si iniziò con forze esigue e marginali, ma poi si vinse”.
Ora “Ci sono anche tantissimi comitati, grandi e piccoli, forze diffuse e ci auguriamo che il
movimento pacifista possa convergere” sui referendum sulle armi per questo al “Fatto”, ha parlato
dei suoi ammiccamenti al Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte e Alessandro Di Battista in
particolare, senza disdegnare uno sguardo al PD della neosegretaria Elly Schlein che di sicuro
contatterà. Ma anche sul terreno della sinistra di opposizione e di classe, comprese le forze
comuniste, a partire dal PCI, al PRC e ai Carc, con cui ha già avuto più di un contatto.
Nell’intervista rilasciata al TG della Vallesusa del 1° aprile, Mattei parla dei referendum come
strumento per “contare gli italiani che sono contro questo sistema”, gestito da persone incapaci, e
che pone l’Italia “al servizio e succube degli USA e della NATO”. “La verità è che il sistema della
democrazia rappresentativa così come è venuto evolvendosi nei paesi del cosiddetto
costituzionalismo liberale è oggi completamente catturata da interessi economici e finanziari.
Quindi, tanto i partiti al governo quanto quelli di opposizione rispondono agli stessi interessi”. È
necessario “il recupero della lotta politica reale, anestetizzata negli ultimi anni, con la gestione
pandemica e la persecuzione del dissenso”. Secondo Mattei: “La maggioranza degli italiani che
ubbidiva al green pass oggi credo sia contraria all’invio di armi in Ucraina se non altro perché ci
rendiamo conto della rovina economica che la guerra ci sta creando... In questa fase io credo si
possa usare in modo incisivo un solo strumento, quello referendario. Se tu vinci un referendum
dimostri di essere maggioranza nel paese, perché lo devi essere in modo istituzionalmente
obbligatorio superando difficoltà enormi e ottenendo così una vera legittimazione popolare. Oggi
l’astensionismo rende necessariamente i governi minoritari! Il referendum crea perciò una
legittimazione addirittura maggiore rispetto a quella parlamentare se si riesce a trovarne un
contenuto politico oltre che tecnico. Per me la costruzione di un’opposizione vera passa di qui”.
Per noi marxisti-leninisti non ci può essere “un'opposizione vera” e sulla base della Costituzione,
come sostiene Mattei, se non si mettono in discussione il capitalismo e il potere politico della
borghesia, che vanno abbattuti e sostituiti dal socialismo e dal potere politico del proletariato.
Il proletariato ha il diritto di avere il potere politico, rileva il compagno Scuderi nell’Editoriale già
citato, “che deve rivendicare con forza e determinazione e imporlo con la rivoluzione socialista,
quando matureranno le condizioni, perché non gli è riconosciuto dalla Costituzione e perché non è
possibile ottenerlo per via parlamentare”.
19 aprile 2023
(Articolo de “Il Bolscevico”, organo del PMLI, n. 16/2023 e pubblicato sul sito www.pmli.it)
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