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  • 28/03/2023 11:52

Il linguaggio danese nel team Fanini iniziò con Jesper Worre

Jesper Worre, l'attuale sessantatreenne opinionista ciclistico televisivo di Eurosport Danimarca, fu il primo danese venuto a correre in Italia da Ivano Fanini, il primo di una lunga serie che rese il manager lucchese molto popolare nei paesi nordici per essersi distinto negli anni con capacità di scoprire giovani talenti e consentire loro a volte anche una lunga carriera.

Era il 1982 quando iniziarono i rapporti tra l'ex recordman dell'ora Ole Ritter e Ivano Fanini. Ritter proponeva e Fanini ingaggiava. Fu così per Worre ed altrettanto per tutti gli altri allora giovani suoi connazionali. In maglia Fanini-Berti, il forte passista iniziò la sua nuova avventura ed in pochi mesi si aggiudicò quattro corse fra le quali il Trofeo Alvaro Bacci, una semitappa alla Settimana Ciclistica Bergamasca e la 9.a tappa del Giro d'Italia dilettanti. Un anno che, grazie a Fanini, gli consentì anche il passaggio al professionismo. Ecco perché il suo è un fiume di parole piene di affetto e di riconoscenza per colui che lo ha lanciato consentendogli 11 stagioni professionistiche fino all'epilogo nel 1992 con la maglia di Amore e Vita in segno di riconoscenza verso la persona che gli è stata essenziale nella formazione professionale e sportiva.

"Fanini - ricorda il passista danese - è sempre stato un catalizzatore, uno che accelerava la trasformazione dei giovani ciclisti riuscendo a persuaderli nell'abbassare l'asticella del cambiamento spingendoli con molta forza nel dare il meglio di sé alle corse. Ricordo un Giro d'Italia dilettanti che lui seguì di persona con l'ammiraglia tappa per tappa assieme a sua moglie Maria Pia e a suo figlio Cristian. Il suo incoraggiamento e la convinzione che mi trasmetteva erano come iniezioni di energia, di quell'energia che mi portò a vincere anche una tappa e la maglia verde del G.P.M.

Un 1982 pieno di eventi per lei, dal momento che in quella stagione passò anche professionista...

"Sempre per merito di Fanini - risponde prontamente - lui non aveva ancora fatto nascere la sua prima squadra professionistica ed allora scorgendo le mie qualità mi propose a Waldemaro Bartolozzi  e coronai il mio sogno passando ad una squadra forte come la Sammontana".

25 MILIONI DI LIRE ANNUALI IL SUO PRIMO STIPENDIO

"Ero talmente felice - prosegue Worre per la Gazzetta di Lucca - che non stavo nella pelle. Ma non è finita... iniziai anche a guadagnare tanti soldi sempre grazie a Fanini."

Perché?

"Waldemaro Bartolozzi mi propose un ingaggio di 15 milioni di lire, ma Fanini non contento per me alzò nella trattativa la quota a 25 convincendo il grande diesse ad accettare la sua proposta. Quindi potei esordire da professionista e guadagnare una cifra considerevole a quei tempi. Accettai anche se mi cominciarono a mancare i ritiri di Lido di Camaiore con i miei compagni di squadra che Fanini ci faceva trascorrere assieme per consolidare l'amicizia, come mi mancò anche l'affetto di Marino, titolare dell'Hotel Melecchi, dove alloggiavo assieme ad alcuni miei compagni di squadra. Da allora sono tornato nella meravigliosa Lucca soltanto due volte, ma quest'anno ho intenzione di ritornare e visitare quei luoghi che hanno dato il via alla mia carriera".

La sua prima vittoria in maglia Sammontana nell'83 quando si impose nel Giro del Veneto, battendo il grande Francesco Moser. I suoi allunghi poderosi lo portarono al successo anche in una tappa della Tirreno Adriatico nell'85 e nella classifica finale del Post Danmark Rundt dell'86 e Post Girot Open nell'88. Poi giunse per lui la grande affermazione nella sesta tappa della Vuelta di Spagna del '90. Le sue squadre dopo la Sammontana: Santini, Selca, Gewiss-Bianchi, Cafè de Colombia, Scott-Bikyle Flyers, prima di chiudere la carriera con Amore e Vita Fanini nel 1992. Dall'80 al '92 è stato nazionale danese. Anche su pista vanta notevoli risultati e conquistò tre medaglie nei campionati del mondo ad Inseguimento Individuale: 1 di argento e 2 di bronzo.

LO STUPORE DI JESPER WORRE

"A proposito di nazionale, non posso dimenticare un episodio. Nell'82 non era consentito ai danesi che correvano in Italia di essere convocati per i campionati mondiali dilettanti ed allora sempre Fanini riuscì, non so come, a farmi partecipare come indipendente, seguendomi lui stesso in tutto il tracciato con la sua ammiraglia. Fui preso da profondo e improvviso stupore ed il morale mi salì alle stelle nel vedere un dirigente sportivo italiano che credeva così tanto in me fino a seguirmi nell'intero campionato mondiale. Successivamente la nazionale danese indossò la maglia con il nome Danimarca abbinato al logo Fanini, sia sulla maglia, sia sui pantaloncini. Ivano, a quei tempi, era forse il dirigente italiano più conosciuto nella mia nazione."

LA CHIUSURA DI CARRIERA IN MAGLIA AMORE E VITA

All'età di 33 anni quando la sua carriera volgeva al termine, Worre tornò alle sue radici scegliendo di correre la sua ultima stagione con Amore e Vita.

"Avevo riconoscenza in lui per quanto si era adoperato nei miei confronti e non avrei immaginato una chiusura di sipario migliore."

Un carriera ciclistica chiusa un po' precocemente a 33 anni...

"Erano anni bui quelli che stavamo attraversando. L'epo cominciava ad essere usato troppo frequentemente. Tanti facevano uso di sostanze dopanti per avere prestazioni sportive più competitive. Io non me la sono sentita di provarle e ho preferito smettere di correre".

I SUOI ANNI SUCCESSIVI AL CICLISMO

A Worre piacevano il mare e la vela. Imparò le tecniche per usarla e successivamente lo fece talmente bene che aprì lui stesso una scuola di vela. Ma il richiamo del ciclismo era troppo forte ed eccolo quindi tornare nel mondo delle due ruote entrando a far parte con altre poche persone della Federazione ciclistica danese come uno dei quattro membri a livello dirigenziale.

"Diventai nel 1995 direttore generale del comitato tecnico nazionale danese. Un anno in cui entrai anche a capo del comitato organizzatore del Giro della Danimarca. Nel 2011 fui coordinatore generale del comitato dei campionati mondiali di ciclismo che si tennero in Danimarca dove mancavano da ben 55 anni. Fu il frutto di un lavoro lungo e complesso, ma anche un segnale di estrema positività e forza per l'intero movimento ciclistico danese. Sono stato direttore di corsa dal 1996 al 2020. Il richiamo del ciclismo è troppo forte per uno che è cresciuto con questa passione fin da bambino".

Perché secondo lei sono calati di numero i campioni in Italia in grado di vincere le grandi corse a tappe e le classiche monumento mentre viceversa la Danimarca oggi è una delle nazioni che sforna più corridori?

"Il discorso sarebbe assai lungo. Il ciclismo è uno sport duro che esige dei grossi sacrifici. Praticarlo in Danimarca, specialmente nelle temperature rigide invernali è ancora più difficile, ma i giovani si abituano alle sofferenze del clima. In Italia forse i ragazzi si divertono di più a praticare sport meno faticosi".

Va sempre in bicicletta?

"Mi esercito in Gravel-Bike, percorrendo principalmente fondi ghiaiosi e strade sterrate immersi nei boschi danesi. Pedalare mi aiuta a tonificare il corpo, ne sento tutt'ora, anche alla mia età, il beneficio".

Il ciclismo e Jesper Worre un binomio molto importante nell'evoluzione di questo sport. Ivano Fanini può essere orgoglioso di aver portato in Italia una lunga schiera di ciclisti danesi che hanno trasmesso le loro esperienze istruttive nell'ambito della politica che guarda ai giovani ed allo sport. Un motivo in più per capire il perché ci sia stata una grande evoluzione nel paese scandinavo e siano nati una marea di campioni.

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