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Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della disciplina Diritti Umani in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che ricorre il 25 novembre, intende dedicare la giusta attenzione ad una tema estremamente drammatico, com’è quello della violenza di genere, che riguarda l’intera società, su scala nazionale e internazionale.
Per tale ragione nel 1999 le Nazioni Unite decisero di dedicare un giorno del calendario a tutte le donne violate, maltrattate, offese, uccise. E nel ricordo delle tre sorelle Mirabal violentate e assassinate nella Repubblica Domenicana nel 1960, si decise di fare incamminare gli Stati dell’ONU su questa strada tortuosa e lastricata di violazioni dei Diritti Umani, alla ricerca di soluzioni adeguate per le comunità che quotidianamente sono lacerate dalla piaga del Femminicidio.
Femminicidio. È stato coniato addirittura un neologismo, divenuto oggetto dell’attenzione mediatica, psicologica, sociologica e legale, che ha iniziato a riferirsi a qualsiasi forma di violenza esercitata in maniera sistematica sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale per annientare l’identità attraverso l’assoggettamento fisico e psicologico.
Sono passati ventitré anni dalla prima giornata celebrativa per le donne vittime di violenza, e siamo ancora disperatamente in cammino, in cerca di soluzioni efficaci, in attesa di un cambio di rotta per lasciarci alle spalle gli orrori di cui siamo saturi, tutti. Siamo ancora in cammino, spesso in affanno, e certamente in difficoltà a gestire la piaga sociale della violenza di genere.
È con grande difficoltà, infatti, che durante questa giornata, prima di parlare della realtà odierna siamo “costretti” a fare tristi bilanci e a valutare dati statistici che fanno rabbrividire pur di capire quanti e quali forme nuove ha assunto il fenomeno disumano della violenza di genere. E se qualche spiraglio di luce si inizia a intravedere.
Anche quest’anno quindi siamo pieni di cifre, dati, fatti di cronaca allarmanti e spesso drammatici. È di pochi giorni fa la terribile notizia di una studentessa pugliese, minorenne, sequestrata e violentata in un casolare all’uscita da scuola. Notizie del genere fanno davvero tanto male e ci obbligano a tenere sempre alta la guardia e a cercare nuove strategie da mettere in campo e più solide collaborazioni con tutti gli enti a tutela dei cittadini.
Secondo i dati Istat nel primo trimestre del 2022 sono state 1.522 le chiamate al numero antiviolenza. Lombardia, Lazio e Campania sono le regioni che maggiormente si sono rivolte ai centri antiviolenza per richiesta di aiuto. Dai dati raccolti è emerso che il 90,6% degli abusatori è di nazionalità italiana e appartenente alla cerchia familiare (39,1% marito, 36,3% compagno). Quindi, il teatro di violenza è soprattutto tra le domestiche.
È innegabile lo straordinario lavoro svolto negli ultimi anni per aumentare i cordoni di sicurezza, dal punto divista legale e assistenziale attorno alle donne, ma nonostante gli sforzi il fenomeno della violenza sulle donne, che spesso si traduce in Femminicidio, fa ancora paura, perché è ancora ingestibile, perché ancora esiste nelle nostre società.
Ecco perché sono sempre più numerosi e organizzati i centri anti-violenza che s’ingegnano ad offrire i supporti più disparati e che assistono le donne sole e in difficoltà per poter offrire loro la speranza di un futuro diverso.
Quest’anno tra le varie associazioni no profit contro la violenza di genere vogliamo segnalare DONNEXSTRADA che tra i vari servizi offre alle donne che camminano da sole in luoghi non sicuri la possibilità di far partire una diretta Instagram pubblica o privata, a qualsiasi ora del giorno, per avere testimoni in caso di aggressioni o molestie, ma anche per tranquillizzare e fare compagnia.
Occorre continuare, quindi, giorno dopo giorno, fare fronte comune affinché la politica, le forze dell’ordine, i centri anti-violenza camminino insieme per non far sentire le donne sole in pericolo. Perché gli abusatori/aguzzini fanno leva proprio sulla solitudine delle vittime che non sanno a chi rivolgersi e su chi contare.
Il CNDDU si sente di ribadire spesso e a piena voce che i diritti fondamentali delle donne sono una parte integrante, imprescindibile e inalienabile dei Diritti Umani. E questi ultimi non potranno mai essere veramente compiuti se le nostre madri, le nostre mogli, le nostre figlie, le nostre alunne rischiano di essere prede della furia ossessiva, violenta e, purtroppo molto spesso, omicida di uomini portatori di male.
Siamo inoltre convinti del grande potere formativo ed educativo della scuola, e alla scuola chiediamo di continuare a lavorare, in linea con la politica, le forze dell’ordine e le associazioni sul territorio per estirpare, attraverso progetti didattici stimolanti e approfondimenti efficaci, atteggiamenti, idee, gesti, pensieri sbagliati che possono essere ostacolo a una cultura di pace tra i generi.
Nei giorni che seguiranno alla giornata del 25 novembre invitiamo i docenti della scuola italiana di ogni ordine e grado a far celebrare la ricorrenza agli studenti e alle studentesse, dedicare un momento di riflessione attraverso approfondimenti sui temi connessi alla giornata celebrativa e far realizzare dalle classi un piccolo contributo digitale, ricordando di apporre il fiocco arancione, colore scelto dall’ONU per sensibilizzare le persone contro la violenza sulle donne, affinché il mondo della scuola possa esprimere le proprie riflessioni tramite opere grafiche, video, foto, flashmob.
Come sempre saremo lieti di ricevere e pubblicare i lavori didattici degli alunni e farci portavoce di una scuola che si batte per i Diritti Umani.
Segnaliamo la lodevole iniziativa realizzata dall’ISI Pertini di Lucca, curata dalla ds, prof.ssa Daniela Venturi, e dai proff. Paolo Battistini e Romano Pesavento, presidente del CNDDU, con la presenza della dott.ssa Valentina Pagliai dell’associazione Robert F. Kennedy foundation of Italy onlus, incentrata proprio sulla violenza di genere, le discriminazioni in tema di diritti civili e divieto di accesso all’istruzione per le donne con particolare riferimento alla questione femminile in Iran.
Inoltre, il 25 novembre non dimentichiamo di apporre sulla lavagna il Fiocco arancione della Memoria.
Perché con questo simbolo affermeremo che la scuola sa accogliere. Che la scuola è empatia. Che con la scuola si può fare tanto e che dalla scuola può partire la più autentica mentalità del cambiamento.
Prof.ssa Rosa Manco
CNDDU
Io non credo che gli aguzzini facciano leva sulla convinzione che la vittima sia priva di aiuto. Credo che semplicemente in quel momento non ci pensino: molti di loro vengono da contesti dove sono stati educati con gli schiaffi, sgarravi? Schiaffo. Sgarrava tuo fratello? Lo vedevi ricevere schiaffi. Sgarrava tua sorella? Prendeva gli schiaffi. Se cresci così poi lo trovi naturale che se la tua compagna sgarra, riceve uno schiaffo. Infatti nel 99% dei casi quando si scusano lo fanno solo per pressione sociale e sono scuse ipocrite, dal loro punto di vista è normalissimo usare la violenza in casa. Ritengo che si dovrebbe creare un clima di sensibilizzazione in proposito, permetterebbe di seminare prima invece di rimediare dopo. Occorre anche dividere (non sul piano morale, solo gestionale) tra coloro che picchiano la moglie perché sono cresciuti ritenendolo normale, coloro che completamente a prescindere dal sesso di chi hanno davanti sono dei bruti che usano la violenza per zittire/punire chi li delude, e i casi (da non sottovalutare, perfino i giudici nei tribunali hanno dimostrato di prendere sul serio la cosa) in cui la donna ha tenuto nei confronti dell'uomo comportamenti così umilianti che alla fine la violenza fisica diventa un una reazione completamente scollegata dalla questione uomo-donna e basata solo sul raptus contro un aguzzino (nota bene: comprendere non vuol dire giustificare).
Mancare di analizzare le cause e di intervenire su di esse in anticipo sarebbe improprio quanto dare del razzista ad un uomo di colore che aggredisce un altro uomo di colore per motivi privati: la vittima è di colore ma anche l'aggressore lo era e il razzismo non c'entrava nel modo più assoluto. La violenza alle donne è la punta dell'iceberg del fenomeno sociale della prepotenza insita nella società umana, che serpeggia non vista in tutti i rapporti. Occorre sensibilizzare le persone circa la negatività di ogni tipo di violenza (fisica, verbale, relazionale, ecc) così da creare un clima dove la persona cerchi fin dall'inizio vie alternative al conflitto.
Le tre categorie richiedono cure differenti: chi ritiene la violenza domestica normale perché c'è cresciuto dentro, va portato a capire che essa non lo è per niente. Chi la usa di norma contro ogni oppositore non è un uomo che ha problemi con le donne, è un vero e proprio criminale, e va gestito di conseguenza. Infine, gli uomini che subiscono gravi umiliazioni e manipolazioni da donne psicologicamente abusanti, vanno portati a capire che i problemi vanno risolti, e alcune persone proprio te le levano dalle mani, ma come Agatha Christie faceva dire al suo Poirot, "Incontriamo ogni giorno persone che meriterebbero la morte, ma non le uccidiamo, perché dobbiamo essere migliori di così". La civiltà non è un occultare le colpe di chi sbaglia, è coltivare modi non violenti per affrontarle.
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