Beatrice Venezi, il caso serio di una musicista trattata come un reato
A Lucca c’è chi la nomina con la stessa cautela con cui si pronuncia una bestemmia in chiesa: Beatrice Venezi. Musicista, direttrice d’orchestra, giovane, preparata. Ma soprattutto colpevole di un crimine imperdonabile: essersi esposta politicamente a destra. Apriti cielo. Da quel momento non dirige più solo orchestre, dirige anche crisi di nervi collettive.
Il livello di indignazione è tale che, a sentirne parlare, uno si aspetterebbe almeno un mandato di cattura internazionale. Invece no: niente rapine, niente frodi, niente scandali penali. Solo una donna che ha detto quello che pensa. Evidentemente, per alcuni, è peggio di una condanna definitiva.
La cosa curiosa è che più la si critica, più la si rende visibile. Articoli, post furiosi, commenti acidi, discussioni infinite: “non doveva”, “non è opportuno”, “una musicista non può”. Risultato? Nome ripetuto ovunque, clic su clic, motori di ricerca in festa. In pratica una campagna pubblicitaria gratuita, ma fatta con livore invece che con budget.
C’è qualcosa di tragicomico nel modo in cui viene trattata: nemmeno fosse responsabile di chissà quale disastro culturale. Dirige musica classica, non un partito armato. Eppure la reazione è quella riservata ai grandi mostri: sdegno, disprezzo, inviti più o meno eleganti a sparire dalla scena pubblica. Come se il silenzio fosse una pena accessoria.
Il paradosso è semplice: la si attacca dicendo “non parliamone più”, ma se ne parla continuamente. La si accusa di voler visibilità, e intanto gliela si serve su un piatto d’argento. Alla fine viene da pensare che il vero problema non sia lei, ma il fastidio che provoca il fatto che esista e non stia al posto che qualcuno ha deciso per lei.
E forse la soluzione sarebbe molto più banale e rivoluzionaria: ignorarla. Davvero. Niente crociate, niente sdegno teatrale, niente finta superiorità morale. Ma si sa, ignorare è difficile. Criticare fa sentire vivi. E così, nel dubbio, continuiamo pure a parlarne: almeno così, tra una stoccata e l’altra, la rendiamo ancora più famosa.