Lucca : Quando i ragazzi feriscono e i compagni curano: la storia di un’aggressione
A Lucca è accaduto un episodio che fa male anche solo a leggerlo: un ragazzo di 12 anni è stato picchiato da tre coetanei fuori da scuola. L’aggressione non è stata una lite improvvisata: i bulli lo hanno aspettato alla fermata del bus e lo hanno colpito con calci e pugni, lasciandogli sei fratture al volto e un mese di prognosi. Ora non può parlare senza dolore, né andare a scuola, né giocare a calcio, che era la sua valvola di sfogo.
A fare ancora più male non sono solo le botte, ma il silenzio: secondo la madre, i genitori dei responsabili – due undicenni e un tredicenne – non hanno mai chiesto scusa. Uno avrebbe addirittura suggerito di non portarlo in ospedale. Un altro avrebbe proposto di “mettere tutto a posto con un panino da McDonald's”. Insomma: più che responsabilità, minimizzazione.
Non era un episodio isolato. Gli stessi ragazzi, poco prima, avrebbero picchiato un altro studente di 11 anni. E dopo l’aggressione, sono arrivati persino messaggi di minaccia: “Ora tocca a voi”.
La scuola si è mossa con cautela, ma alcune famiglie avrebbero già trasferito i figli coinvolti altrove.
In mezzo a questa vicenda buia, c’è però una luce: quella dei compagni di classe e soprattutto dei compagni di squadra. Non lo hanno lasciato solo. Messaggi, visite e un gesto simbolico forte: durante l’ultima partita di calcio, la squadra ha indossato magliette e mostrato uno striscione contro la violenza. Un modo concreto per dire: “Noi stiamo con lui”.
La società sportiva ha pubblicato un messaggio chiaro: lo sport non è un terreno di esclusione o bullismo, ma un posto dove si impara rispetto, amicizia, inclusione.
Questo caso non è solo cronaca. È un richiamo a una responsabilità collettiva: genitori, scuola, comunità. Perché la violenza tra giovanissimi non nasce dal nulla e non si spegne ignorandola. Serve educazione emotiva, buon esempio, limiti chiari e la consapevolezza che intervenire non è un’opzione: è un dovere.