Baby gang e genitori assenti: il vero nodo della delinquenza minorile
Baby gang e genitori assenti: il vero nodo della delinquenza minorile
Minacce, percosse, insulti. A Lucca (ma il problema è generalizzato in tutto il paerse) un gruppo di ragazzini tra i 13 e i 15 anni rapinava e picchiava i loro coetanei. Li fermavano per strada, li aggredivano e li costringevano a consegnare tutto: cellulari, occhiali, vestiti firmati.
Una baby gang in piena regola, che agiva quasi indisturbata finché la polizia — dopo giorni di appostamenti — è riuscita a identificarli. Cinque sono stati denunciati, mentre altri tre, troppo piccoli per la denuncia penale, sono stati segnalati al Tribunale dei minori.
Con la riapertura delle scuole e delle città, tornano anche questi episodi che vengono etichettati come “bullismo”. Ma di bullismo, in molti casi, non si tratta: è criminalità pura, compiuta da minorenni per motivi futili.
Qualche giorno fa, a Napoli, un branco di sei giovani — cinque dei quali minorenni — ha aggredito una coppia a colpi di bastone per rubare un lettore mp3. L’unico maggiorenne, 19 anni, è finito in carcere. Gli altri, come spesso accade, se la caveranno con poco o nulla.
Se ne parla da anni, si fanno talk show, si accusano la scuola, la società, i social. Ma la verità, dura e semplice, è che la colpa principale è in casa.
I genitori sono i primi responsabili. Mancanza di controllo, assenza di princìpi, indifferenza verso i comportamenti dei figli: questo è il terreno fertile su cui cresce la violenza giovanile.
Capisco che, essendo minori, non possano essere trattati come adulti. Ma servono quindi regole nuove. Io proporrei una misura drastica: se un minorenne commette un reato, a risponderne penalmente deve essere il genitore. Senza sconti.
Vuoi fare il bulletto, picchiare e rapinare un tuo coetaneo? Bene, tuo padre o tua madre pagheranno al posto tuo, con una condanna vera. Così il controllo tornerebbe dove deve stare: dentro le famiglie.
Parlo anche per esperienza personale. Ho tre figli. Uno, a 15 anni, era un ribelle. Una sera lo beccai a fumare su un motorino “preso in prestito”. Restituimmo il mezzo e lui passò l’estate chiuso in casa. La lezione servì: oggi si è laureato.
I problemi, quando nascono, vanno affrontati subito. Perché, come dice il proverbio, “il medico pietoso fa la piaga purulenta”.
E oggi di piaghe, in questa società che non educa più, ne vediamo fin troppe.
C.C.