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Terzo settore in Toscana, la
richiesta delle opere cattoliche:
“Stop gare d’appalto, serve co-progettazione dei servizi”
Una proposta di
rivoluzione lanciata alle istituzioni a Marina di Massa
durante il convegno delle opere toscane di ispirazione cristiana
22 maggio - Le organizzazioni non profit di ispirazione cattolica si uniscono per le nuove sfide della società: dall’invecchiamento demografico al disagio giovanile fino all’integrazione dei migranti. È andato in scena a Marina di Massa, presso la Scuola Superiore di Scienze dell’Educazione San Giovanni Bosco, il convegno “Un patto per la cura: le opere di ispirazione cristiana si incontrano”, una sorta di Stati generali delle realtà toscane cattoliche, rappresentate da Uneba, organizzazione di categoria del settore sociosanitario, Misericordie, ARIS (associazione religiosa degli istituti socio sanitari), Federsolidarietà Toscana. Tutte associazioni che insieme gestiscono oltre mille strutture e quotidianamente ospitano migliaia di persone.
“Noi realtà cattoliche non vogliamo essere mere esecutrici dei servizi alla persona – ha detto Andrea Blandi, presidente Uneba Toscana - Vogliamo co-programmare e co-progettare i servizi”. Una richiesta che parte dalla consapevolezza che le organizzazioni cattoliche, e tutto il mondo del Terzo settore in generale, conoscono come pochi altri i bisogni delle persone e dei territori dove sono presenti. Ecco perché, ha aggiunto Blandi, “è necessario superare la logica delle gare d’appalto nell’assegnazione dei servizi alla persona e mettersi attorno a un tavolo (istituzioni da una parte e Terzo settore dall’altro) per co-progettare e co-programmare insieme gli interventi da fare”. Una rivoluzione che richiederebbe tempo ma che, secondo i promotori del convegno, sarebbe la soluzione migliore per garantire servizi di assistenza di qualità in una società in forte cambiamento e in un contesto socio-sanitario caratterizzato da scarsità delle risorse e bisogni crescenti.
“La nostra proposta di riforma del welfare toscano si fonda sulla piena e autentica attuazione del principio di sussidarietà – ha detto Francesco Fragola, segretario Confcooperative-Federsolidarietà Toscana - secondo cui con il comma 4 dell’art.118, la Costituzione italiana ha declinato il principio di sussidiarietà riconoscendo ai cittadini e agli enti del Terzo settore la legittimità di intervenire direttamente nella cura dell’interesse generale, e imponendo alle istituzioni pubbliche di favorire tali iniziative”.
Secondo Alberto Corsinovi, presidente delle Misericordie
toscane, “dobbiamo riuscire a mettere insieme il patrimonio unico di ciascuna
delle nostre associazioni. La nostra sfida è far sì che queste risorse non
restino confinate nelle singole organizzazioni ma patrimonio e motore
collettivo. Unendo le competenze, tutti insieme possiamo avere soluzioni più
solide e più giuste attraverso le quali confrontarsi con il servizio pubblico
che oggi ci considera solo dei terminali di ordini e non co-progettisti”.
Secondo Valentina Blandi, direttrice del Consorzio Zenit, “il sistema è ancora
fortemente gerarchico: l’ente pubblico stabilisce come si produce (attraverso
standard) e come si affida i servizi (tramite gare o logiche di libero
mercato). Ma questo modello non regge quando si tratta di servizi che, per loro
natura, richiedono prossimità, integrazione e corresponsabilità tra tutti gli attori
coinvolti, in vista di un reale miglioramento degli esiti educativi e di
salute”. E quindi “il primo passo è superare il sistema competitivo di gara e
puntare tramite la co-programmazione e co-progettazione sulla definizione
condivisa di obiettivi di valore sociale ed indicatori di impatto, che tengano
conto della sostenibilità nel tempo della comunità. Allo strumento competitivo
si può sempre far ricorso, ma solo in un secondo momento e solo se necessario
perché si presentano proposte diverse. La valutazione deve comunque essere
sugli indicatori precedentemente condivisi insieme, non sul mero prezzo”.
Secondo il vescovo di Massa Monsignor Mario Vaccari, “è necessario un cambio di visuale, è necessario mettere al centro delle opere di cura e assistenza la visione del povero, la visione del malato, la visione della persona fragile, perché a lui appartiene il regno dei cieli. Questo è complicato perché rivoluziona il nostro modo di vedere, ma se si mette al centro la persona vulnerabile cambia la nostra visione della società”.
“Tenerezza, vicinanza, dignità”. Queste le tre parole per ridefinire la cura e l’assistenza ai più fragili secondo Monsignor Andrea Migliavacca, vescovo delegato Cet per la pastorale della salute. “Il tema della tenerezza deve diventare profetico ed esemplare per tutte le realtà che si prendono cura della persona fragile – ha detto – Se riusciamo a regalare tenerezza stiamo facendo quello che Dio fa con ciascuna persona. La tenerezza vuol dire vicinanza, vuol dire presenza, vuol dire esserci, stare accanto. E un aspetto della tenerezza è il contatto, la tenerezza si nutre di contatti, d’altra parte Gesù guarisce toccando”. E infine la dignità umana e della vita, “che non deve venire meno quando la persona è segnata dalla fragilità: la tenerezza matura quando alla persona viene riconosciuta nella sua piena dignità”.
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