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  • 16/05/2025 17:44

L'Asl recluta medici a partita Iva per gli ospedali della Lucchesia

LUCCA. Medici a partita Iva al lavoro in ospedale e nelle strutture pubbliche della Lucchesia. Non è una novità assoluta, ma di certo “fa strano” e anche i sindacati si dicono preoccupati: «Si crea un’allarmante disparità salariale con i medici dipendenti», afferma Pietro Casciani, segretario generale della Uil Fpl. Andiamo con ordine. Il bando Lo scorso anno l’Asl nord ovest ha pubblicato una manifestazione di interesse per la formazione di elenchi di personale medico a cui attribuire incarichi libero professionali. L’avviso era rivolto anche a specializzandi e medici in quiescenza, operanti nelle seguenti discipline: psichiatria, anestesia e rianimazione, medicina interna, emergenza urgenza (Pronto soccorso), anatomia patologica, ginecologia ed ostetricia, pediatria, oftalmologia, otorinolaringoiatria, patologia clinica, radiodiagnostica, malattie dell’apparato respiratorio, medicina del lavoro, gastroenterologia, cardiologia, geriatria, nefrologia, neurochirurgia, malattie infettive, neurologia, ortopedia e traumatologia e persino direzione medica di presidio. Insomma, c’era un po’ di tutto. L’incarico, da sei a dodici mesi per un massimo di 38 ore settimanali, è da svolgersi nelle dodici zone distretto che compongono l’Asl nord ovest: Lunigiana, Apuane, Valle del Serchio, Piana di Lucca, Versilia, Pisana Valdera, Alta Val di Cecina, Livornese, Bassa Val di Cecina, Val di Cornia ed Elba. Il compenso previsto è di 35 euro l’ora per medici specializzati o in quiescenza e di 26 euro l’ora per medici specializzandi. In caso di assegnazione a sedi disagiate (isole, comunità montane, carceri o Rems), le tariffe salgono rispettivamente a 39 e 30 euro l’ora. In caso di attribuzione dell’incarico di lavoro autonomo il professionista deve aprire partita Iva, stipulare un’assicurazione contro gli infortuni e una per la responsabilità civile. I vincitori Al bando risposero diversi medici, 26 dei quali all’epoca erano ancora specializzandi. Nei giorni scorsi l’Asl ha pubblicato una nuova delibera per adeguare i loro stipendi, visto che nel frattempo hanno concluso il percorso di specializzazione. Sul nostro territorio sono sette: tre sono in servizio all’unità di Salute mentale (due a Lucca, l’altra in Valle del Serchio), una a Pneumologia, una a Malattie infettive, una a Medicina trasfusionale, una Cardiologia. Sindacati preoccupati L’utilizzo di medici libero professionisti all’interno delle strutture pubbliche è una questione delicata e che talvolta fa discutere. Se non ben regolato l’utilizzo sistematico di medici a partita Iva può configurare un’elusione delle regole concorsuali previste per l’accesso alla pubblica amministrazione e inoltre maschera un rapporto di lavoro che di fatto è subordinato ma che formalmente è autonomo. Ma la questione che più fa discutere è relativa ai compensi percepiti da questi medici che solitamente hanno un costo orario superiore a quello di un dipendente strutturato. «Prendono più soldi e questo può far nascere dei contenziosi – spiega Pietro Casciani, sindacalista della Uil Fpl –. Noi prediligiamo l’assunzione di personale a tempo indeterminato attraverso il concorso, ma quando questo non è possibile, ormai da tempo, l’Asl si rivolge al mercato privato altrimenti non riuscirebbe a garantire il servizio». I motivi della scelta Dall’azienda sanitaria fanno sapere che l’utilizzo di medici a partita Iva, pur limitata, è una pratica che ormai viene utilizzata da diversi anni e che dopo il Covid è stata allargata all’utilizzo dei medici specializzandi (ovviamente seguiti da un tutor). I motivi per cui l’azienda sanitaria si rivolge a questi professionisti sono sostanzialmente due: la necessità di garantire i livelli essenziali di assistenza (Lea) in caso di esaurimento delle graduatorie a cui attingere per il fabbisogno aziendale o nel caso in esse non vi siano professionisti per determinate specialità (i Pronto soccorso sono un caso comune anche se qui non sono stati utilizzati); svolgere progetti ad hoc con un monte ore limitato per i quali non c’è personale disponibile tra gli strutturati. È, dunque, una soluzione tampone utile ad affrontare le criticità del sistema sanitario in una fase delicata sul fronte del fabbisogno di personale. Ma è una soluzione, però, che espone a rischi legali, sindacali e qualitativi se non regolamentata a dovere.

I commenti


12/01/2025
I medici si licenziano per fare i "gettonisti". La strategia del ministero - Anaao su IL MESSAGGERO
Il commento del Segretario Nazionale Pierino Di Silverio
.Nel 2023 hanno lasciato in 5mila, nel 2024 stesso trend: raddoppiata la spesa regionale per le società che forniscono personale agli ospedali

ROMA Sfiora il miliardo di euro il conto per pagare i "gettonisti" nella sanità pubblica. Una voce di spesa addirittura raddoppiata tra 112022e i12023. La stima del miliardo - che gira tra le Regioni, cioè gli enti deputati a saldare le prestazioni - è riferita al 2023, ma secondo il leader dell'Anaao Pierino Di Silverio, il principale sindacato dei medici, «anche nell'anno appena trascorso, il 2024, le Asl e le aziende ospedaliere hanno impegnato cifre identiche, se non superiori», per corrispondere gli emolumenti alle cooperative - una trentina in tutto - che a loro volta forniscono ai nosocomi medici e infermieri in deficit di personale. Strutture che, senza gettonisti, dovrebbero altrimenti issare bandiera bianca. E che sono costrette ad affidarsi a sanitari, che si sono licenziati da altri ospedali per darsi alla libera professione: guadagnano fino al 30 per cento di più rispetto ai dipendenti del servizio sanitario nazionale e ottengono condizioni di vita e di lavoro migliori.

I CORRETTIVI
Il governo Meloni ha inserito una serie di correttivi per frenare questi sprechi. Che finiscono per acuire le contraddizioni che vive dal punto di vista organizzativo la sanità italiana e che si sono sedimentate negli anni. Soltanto nelle strutture ospedaliere mancano circa l5mila medici e oltre 60mi1a infermieri. Si scontano gli effetti del numero chiuso nei corsi di medicina, che ha ridotto la platea del personale rispetto a una popolazione sempre più vecchia; i rit•mi di lavoro sempre più frenetici dopo il Covid; i tagli decisi dopo gli anni 2000 dovuti sia al blocco del turnover sia al ripianamentodei debiti; la circostanza che un camice bianco in Italia ci mette 20 anni per arrivare al massimo dello stipendio, mentre nel resto d'Europa è sufficiente un lustro. Intanto nel 2023 5mila medici ospedalieri in età di lavoro si sono dimessi, non hanno aspettato la pensione per lasciare quel posto fisso pubblico in corsia, che una volta sembrava irraggiungibile. L'anno precedente avevano seguito la stessa scelta in 3.600. Sempre nel 2023 un terzo delle borse di studio per specializzare i futuri dottori è andato vacante. A chiudere il cerchio in questo scenario il numero degli accessi al pronto soccorso: nel 2024 sono stati 20 milioni le prezionale, ottengono condizioni divi- stazioni richieste, due milioni in più ta e di lavoro migliori. rispetto a quelle effettuate nell'anno
precedente.

In questa situazione cresce il peso nella sanità dei gettonisti. Un numero preciso e certificato manca, ma secondo le stime che girano tra gli esperti del settore, soltanto tra i medici, si aggirano intorno alle l0mila unità Cinque anni prima erano poco più di tremila. Sarebbero triplicati in questo lasso di tempo, durante il quale si sono licenziati 8.500 camici bianchi dal servizio sanitario nazionale. Per capire meglio il fenomeno è utile riprendere uno studio dell'Anac, l'autorità nazionale anticorruzione: ha calcolato che tra il 2019 e il 2022 le Regioni hanno dovuto spendere per queste forniture quasi 1,7 miliardi. Soprattutto si sono spartite questo giro d'affari appena 30 cooperative, con cinque realtà più grandi che sul fronte dei medici si sono aggiudicate il 64 per cento dei bandi soprattutto in regioni come Lombardia, Piemonte, Abruzzo o Veneto. 11 miliardo impegnato in questa direzione è pari al 2,5 per cento di quanto il servizio sanitario nazionale spende per pagare i suoi medici e i suoi infermieri. Può sembrare una cifra residuale, ma non è così. Intanto, come spiega Di Silverio, «questi soldi sarebbero serviti a reclutare altri 25mi1a dottori». Soprattutto spaventa la crescita di questa voce.

IN COMMISSIONE
Ha chiarito bene la situazione Nino Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe, durante un'audizione in commissione Affari sociali alla Camera. «Nell'arco di 11 anni - ha fatto sapere - si è ridotta di 28 miliardi di euro la spesa per i dipendenti mentre nel 2023 è raddoppiata quella per l'impiego dei gettonisti». Infatti la fondazione Gimbe, elaborando le ultime rilevazioni della Ragioneria dello Stato sul pubblico impiego, ha calcolato che la spesa nel solo periodo gennaio-agosto 2023 è stata pari a 476,4 milioni di euro. Una cifra che non solo conferma la stima che gira tra i governatori, ma che è doppia rispetto agli oltre 230 milioni che si sono spesi nell'anno precedente. Il governo su spinta del ministro della Sanità, Orazio Schillaci, sta provando ad alzare gli stipendi per i medici ospedalieri e ha inserito una serie di correttivi per frenare la spesa verso i gettonisti. Dal 2025 si potrà ricorrere alle cooperative soltanto «nei casi di necessità e urgenza», in un'unica occasione e senza possibilità di proroga. I medici non potranno essere pagati più di 85 euro all'ora nei pronto soccorso e la rianimazione, 75 per altri servizi medici; per gli infermieri la tariffa oraria varierà dai 25 ai 28 euro. Alcune Regioni hanno varato strutture - come i Cau in Emilia Romagna e i Pir in Toscana - per offrire una migliore prima assistenza, la Lombardia ha introdotto il cosiddetto contratto libero professionale pervenire incontro al personale che non intende sottostare ai ritmi degli ospedali, mentre il Lazio ha programmato nuove assunzioni. I primi effetti sulla spesa sono attesi da quest'anno.
Francesco Pacifico

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Il piano anti-sprechi del governo «Gli esterni solo se c'è emergenza»

IL MINISTRO SCHILLACI HA INSERITO UNA SERIE DI TETTI CHE ENTRERANNO IN VIGORE DA QUEST'ANNO

LA STRATEGIA
ROMA Orazio Schillaci in più occasioni ha ripetuto che il «fenomeno dei "gettonisti" è stato causato da chi per anni ha fatto slogan e non ha trovato soluzioni». Anche per garantire una maggiore qualità delle cure ai pazienti, che spesso si trovano nei reparti di medicina di urgenza personale - medico quanto infermieristico - non sufficientemente formato come i loro colleghi assunti regolarmente dal Servizio sanitario nazionale. In questa direzione il ministro della Salute ha presentato nel 2024 una serie di misure - sono operative da quest'anno - per spingere Asl e aziende sanitarie a ridurre il ricorso alle cooperative che forniscono i gettonisti. Nel suo piano Schillaci ha previsto che si possono affidare all'esterno i servizi «solo in caso di necessità e urgenza, in un'unica occasione e senza possibilità di proroga». Per rendere a medici e infermieri meno remunerativa questa attività sono stati fissati anche paletti economici: i primi non potranno vedersi riconoscere all'ora più di 85 euro in pronto soccorso e per la rianimazione 75 euro per altri servizi medici. I "gettonisti", poi, dovranno stipulare, a loro spese, una polizza assicurativa per per colpa grave, «che sollevi l'amministrazione dagli eventuali danni causati a terzi». Senza dimenticare che il ministro, da quando sì è insediato, lavora per aumentare gli stipendi dei medici del servizio sanitario nazionale e ampliare la pianta organica delle strutture pubbliche. Queste le misure messe in campo del governo. Intanto negli ospedali la presenza dei gettonisti è ancora indispensabile per poter assistere pazienti. Soprattutto quelli in arrivo nei pronto soccorso, dove i medici in organico sono pochi, si fanno turni disumani e i tempi di attesa per i pazienti crescono. «Gli effetti delle azioni messe in campo dalle istituzioni - spiega Pierino Di Silverio, segretario nazionale dell'Anaao Assomed - potranno vedersi realizzate in futuro. Per il momento, abbiamo norme che ancora devono essere applicate. La stretta sui gettonisti parte da quest'anno, ma se contestualmente non si stimola l'assunzione, non si può risolvere il problema dell'assistenza ai pazienti. Anzi, si acuiscono le carenze». Nei pronto soccorso, Fabio De Iaco, past presidente della Simeu (la Società Italiana di Medicina d'Emergenza Urgenza) di gettonisti ne ha visti parecchi. «L'utilizzo di questi professionisti è pericoloso - avverte - Innanzitutto, c'è una enorme eterogeneità tra colleghi molto seri e, in alcuni casi, persone che invece non hanno tutti i titoli e l'esperienza necessari per gestire l'emergenza. L'altro rischio consiste nello spezzettamento della gestione del personale delle strutture del pronto soccorso». Con i medici pagati per tamponare la situazione solo per poco, le conseguenze ricadono poi sui pazienti, visto che manca la continuità della presa. «Se i professionisti stanno per due turni e poi se ne vanno - aggiunge De Iaco - è impossibile organizzare le strutture, trasmettere indirizzi e protocolli».

LA CHIRURGIA
Intanto reclutare nuovi medici è sempre più complesso, mentre crescono l'interesse della categoria verso il privato e le difficoltà in alcune branche di trovare personale. «E la chirurgia non è una specializzazione per i gettonisti. Più in generale - - spiega Marco Scatizzi, past president di Acoi (l'associazione chirurghi ospedalieri italiani) - i nuovi laureati non hanno alcuna intenzione di scegliere la vita del chirurgo generale Quest'anno, 1150 per cento delle borse di studio di chirurgia gene- cale sono rimaste vuote. Attualmente, abbiamo una impossibilità di coprire il turn over, cioè di coloro che

Mazzati - 17/05/2025 15:05

Più soldi meno problemi

Ezio - 17/05/2025 15:03

Non è vero perché hanno più costi.

anonimo - 17/05/2025 01:59

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