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  • 09/05/2025 08:22

Papa Leone XIV: un nuovo pontificato nel segno della pace e dei diritti umani

Il Coordinamento Nazionale Docente della disciplina dei Diritti Umani accoglie con profondo interesse e sentita partecipazione l’elezione del nuovo Pontefice, Sua Santità Papa Leone XIV, Robert Prevost, avvenuta in un momento storico di grande complessità sociale, culturale e geopolitica.

Il nome scelto, Leone, richiama alla memoria figure papali di forte impatto nella storia della Chiesa e del mondo, simbolo di fermezza, dialogo e difesa dei valori fondamentali della dignità umana. Il Coordinamento auspica che il nuovo Papa possa incarnare quei principi di giustizia, equità e solidarietà che sono alla base sia del magistero della Chiesa che dell’insegnamento universale dei diritti umani.

Particolarmente significativo è stato il messaggio di pace lanciato da Papa Leone XIV nel suo primo discorso alla comunità dei credenti e a tutta l’umanità: un invito accorato alla cessazione dei conflitti, al disarmo, al dialogo tra i popoli e alla costruzione di un mondo fondato sulla fratellanza, sull’inclusione e sul rispetto reciproco. Un appello che trova piena consonanza con l’impegno quotidiano del mondo scolastico e degli educatori nel promuovere la cultura della nonviolenza e della cooperazione tra le generazioni e le culture.

In un tempo in cui le diseguaglianze si acuiscono, i conflitti si moltiplicano e le nuove generazioni spesso faticano a trovare riferimenti morali e spirituali, la figura di Papa Leone XIV rappresenta per il mondo della scuola e per tutti gli educatori un'opportunità preziosa per rilanciare il dialogo interculturale, la pace e l’educazione civica globale.

Il Coordinamento si augura che il nuovo pontificato possa promuovere, anche attraverso il sostegno all’insegnamento dei diritti umani nelle scuole, una cultura della legalità e del rispetto, con particolare attenzione ai giovani, ai migranti, alle vittime delle guerre e delle discriminazioni.

Siamo certi che il messaggio e le azioni del nuovo Papa sapranno contribuire in modo decisivo alla costruzione di un futuro più umano, più giusto e più inclusivo.

Prof. Romano Pesavento

Presidente CNDDU

I commenti

Papa Leone XIV ha un tesoretto di 348 milioni, ma 5 cardinali lo bloccano. È dentro il bilancio dello Ior, dove i 5 hanno 1,2 milioni personali sul conto

Da anni l’Istituto per le opere di religione accantona una maxi-riserva di utili distribuibili che solo la commissione cardinalizia potrebbe girare ad opere di carità. Ma inspiegabilmente non lo fa. Così quei soldi sono investiti in titoli di aziende “etiche”. Vietate quelle che hanno a che fare con aborto, contraccettivi, alcol, armi e tabacco
Forse ancora nessuno glielo ha detto, ma Papa Leone XIV ha a disposizione un tesoretto da 348,2 milioni che è immediatamente utilizzabile per fare quello che crede, a iniziare dalle opere di carità della Chiesa in qualsiasi parte del mondo. La somma è consistente, ed è contenuta fra le pieghe del bilancio dello Ior, la banca vaticana. Basta solo che la commissione cardinalizia che vigila sull’istituto, dia l’indicazione di mettere quel tesoretto a disposizione del pontefice o di chi da lui sarà indicato. Cosa che fino ad oggi non è mai stata fatta, con ragioni al momento incomprensibili, tanto più se si pensa al pressing di papa Francesco sulla carità. Il tesoretto dello Ior, infatti, vale più di un lustro di raccolta dell’obolo di San Pietro, che nel 2024 è ammontato a 58 milioni di euro.


Da dieci anni quel tesoretto è bloccato in bilancio e i cardinali non decidono che farne
Quel tesoretto è congelato nel bilancio dell’Istituto per le opere di religione da anni in attesa che la commissione cardinalizia ne decida l’utilizzo (fino ad oggi mai accaduto). Fra il 2015 e il 2020 è restato fermo a 282,134 milioni di euro. Poi nel 2021 si è incrementato a 291,227 milioni di euro, nel 2022 a 306,814 milioni di euro, nel 2023 a 331,2 milioni di euro fino appunto ai 348,2 milioni di euro del 2024. La sua consistenza è rivelata dalla nota integrativa del bilancio dello Ior, che subito dopo avere elencato una riserva di 100 milioni di utili non distribuibili, prosegue: «La Riserva di utili distribuibili è una riserva di utili che potrebbe essere distribuita in seguito ad una delibera sulla devoluzione degli utili accantonati in tale riserva da parte della Commissione Cardinalizia. La Riserva di utili distribuibili, pari a 348,2 milioni di euro (2023: 331,2 milioni di euro), è stata incrementata nel corso dell’esercizio 2024, grazie all’allocazione di parte dell’utile 2023 (17,0 milioni di euro)». Ma la delibera continua a non arrivare, e probabilmente Leone XIV come prima Francesco e prima di lui chissà quanti altri pontefici, ignorano l’esistenza di questo tesoretto.


Fra i cinque cardinali in stallo c’è pure il polacco che fa l’elemosiniere del Papa
La commissione cardinalizia che potrebbe sbloccarlo ma fino ad oggi ha deciso di non farlo è guidata dal cardinale Christoph Schönborn, che ne è il presidente. Ne fanno parte altri quattro cardinali: Emil Paul Tscherrig, Luis Antonio Gokim Tagle, Giuseppe Petrocchi e Konrad Krajewski. Quest’ultimo per altro è l’elemosiniere del pontefice, voluto in quella funzione da Bergoglio, e ovviamente ben conosce le esigenze sempre pressanti della carità. Ma nulla si muove, e il tesoretto resta investito in titoli di Stato e obbligazioni che almeno consentono di avere qualche interesse. Come spiega la nota integrativa al bilancio questi investimenti però sono liquidabili in qualsiasi momento se ce ne fosse l’esigenza primaria. Certo i vertici operativi dello Ior sono ben contenti di avere quella ricca riserva patrimoniale: in Vaticano non esiste una banca centrale che faccia da prestatore di ultima istanza, come la Bce in Europa o la Federal Reserve negli Stati Uniti, e quei soldi potrebbero fare comodo se il bilancio dell’istituto avesse gravi difficoltà. Ma non è il caso attuale: il 2024 si è chiuso con utile netto di 32,8 milioni di euro per 5,7 miliardi di risorse affidate in tutto il mondo.

Quei 5 cardinali sono risparmiosi e hanno 1,2 milioni sui conti correnti personali
Probabilmente i cinque cardinali che avrebbero potuto sbloccare quel tesoretto per papa Francesco o per papa Leone XIV ma non si sono decisi a farlo, hanno una naturale vocazione alla formichina e quindi al risparmio. Anche personalmente, perché fra le pieghe della nota integrativa al bilancio 2024 dello Ior si rispetta un obbligo di trasparenza previsto dalla normativa vaticana. E si svela che i cinque cardinali hanno tutti insieme sui loro conti correnti personali 1,2 milioni di euro, in media dunque 240 mila euro a testa. Siccome non si citano i singoli casi, qualcuno di loro potrebbe avere messo da parte una somma consistente, e altri assai meno. Ma la cifra è alta, se si pensa che i cardinali ricevono uno stipendio mensile medio di 5 mila euro e che quelli sono i loro risparmi. Per fare un raffronto i dirigenti “con responsabilità strategiche” dello Ior, fra cui ci sono sicuramente il direttore generale Gian Franco Mammì e il vicedirettore generale Giovanni Boscia, avevano sui loro conti correnti assai meno: 327 mila euro in tutto.

Gli investimenti dello Ior possono essere fatti solo su titoli etici, e altri sono vietati
I soldi depositati allo Ior possono essere investiti solo in titoli etici (fra cui quelli green), e anche se non c’è una regola precisa per definirli, esiste un elenco molto dettagliato di attività in cui è vietato investire. In testa tutte quelle che in qualche modo (dai farmaci all’esercizio di cliniche ed ospedali) possono avere a che fare con l’aborto. Vietate le aziende che producono anticoncezionali, quelle che hanno a che fare con armi e sistemi di difesa, o con gioco d’azzardo, alcol e tabacco, in quelle accusate di avere violato diritti umani o diritti dei lavoratori, la salvaguardia dell’ambiente o uno qualsiasi dei 10 principi del “Global Compact” dell’Onu. L’elenco è molto dettagliato ed è riportato nella nota integrativa di ogni bilancio annuale dello Ior.


Bandite aziende legate all’aborto, ai contraccettivi, alle armi, ad alcol e tabacco
Il bilancio 2024 spiega ora: «L’Istituto non investe in società che direttamente o indirettamente tramite partecipate: a) possiedono e/o gestiscono ospedali e centri specializzati che forniscono servizi di aborto; b) producono prodotti per l’aborto; c) producono prodotti contraccettivi; d) sono coinvolte nell’uso di cellule staminali embrionali o di tessuti derivati da embrioni o feti umani o sono coinvolte nell’uso di linee cellulari fetali; e) producono armi militari controverse (mine antiuomo, armi chimiche, armi nucleari, bombe a grappolo) o parti di esse ritenute essenziali, considerate tali per il loro impatto indiscriminato sulle popolazioni civili; f) sono coinvolte nella produzione e distribuzione di armi leggere; g) producono direttamente armi o forniscono prodotti e servizi di supporto, specificamente destinati all’industria militare e non, utilizzati per scopi letali ed offensivi. L’Istituto non investe in quelle attività che possono avere impatto negativo sull’ambiente e sullo sviluppo sostenibile. L’Istituto non investe in società coinvolte direttamente o indirettamente in gioco d’azzardo, intrattenimento per adulti, attività di prestito a tassi usurai, produzione e vendita di tabacco, produzione e vendita di alcool».

Open fans - 02/07/2025 15:55

" Chi vuole relegare il Papa nelle stanze vaticane, oggi si trova il capo della Chiesa fortemente anti Bruxelles e polemico con l'establishment. Le parole sul riarmo sono forti: si fanno guerre per le fake news (vedi atomica Iran o Russia pronta a invadere l'Europa) e si è abbandonato il concetto di armonia dei popoli. Strada sbagliata quella intrapresa dall'Unione Europea (soprattutto da Meloni e Mertz) che di fatto si conferma potenza anticristiana, intrinsecamente maligna e che rivela giorno dopo giorno tutta la sua ipocrisia. Leone XIV si è anche scagliato contro il narcotraffico (vero cancro dei popoli) e a favore della Dottrina Sociale cristiana che dalla fine del XIX° secolo rappresenta la terza via contro capitalismo e marxismo. Di fronte all'inutilità dei politicanti, Leone XIV appare vero leone della politica e F N è con lui.



Roberto Fiore Segretario Nazionale F N

elio - 28/06/2025 15:03

Sono 1.031 i preti accusati di pedofilia”, la denuncia della Rete L’Abuso sugli incredibili “vuoti legislativi”
Un numero sempre impressionante, se si considera spesso gli abusi non vengono denunciati oppure vengono ignorati o addirittura insabbiati
Rete L'ABUSO by RETE L'ABUSO 7 Maggio 2025 in NEWS e CRONACA LOCALE Reading Time: 3 mins read
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“Stiamo esponendo un problema che non è risolvibile con le sole forze della Santa Sede. Lo sforzo di chiunque sarà eletto Papa sarà quello di intervenire chiedendo agli Stati che hanno vuoti legislativi, come l’Italia, di colmarli per non rendere vano lo sforzo che anche la Chiesa sta cercando di fare in questo contesto”. Francesco Zanardi, presidente dell’associazione Rete L’Abuso, a un giorno dal conclave che eleggerà il successore di Papa Francesco, risolleva il problema della gestione, della denuncia e delle leggi per i reati che coinvolgono sacerdoti e hanno come vittime ragazzine e ragazzini, soprattutto. Un numero sempre impressionante, se si considera spesso gli abusi non vengono denunciati oppure vengono ignorati o addirittura insabbiati.

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Italian Survivors“, attualmente il 3,2% dei preti italiani è accusato di abusi sessuali su minori. Questo corrisponde a circa 1.031 sacerdoti, che avrebbero prodotto 4.262 vittime. Nel solo 2025, sono già stati registrati 10 nuovi casi. Tuttavia, Zanardi sottolinea che questi numeri sono sottostimati, poiché molti abusi non vengono denunciati o sono prescritti. Non si sa se tra questi ci sono il caso don Samuele Marelli, condannato in primo grado dal Tribunale ecclesiastico regionale della Lombardia e indagato dalla procura di Monza, o don Ciro Panigara finito agli arresti domiciliari nel Bresciano.

Non c’è obbligo di denuncia – Zanardi evidenzia che in Italia manca l’obbligo di denuncia per i cittadini comuni, limitato solo ai pubblici ufficiali. Incredibilmente nessun obbligo di denuncia ricade sugli ecclesiastici perché i sacerdoti o i loro superiori non sono pubblici ufficiali per il diritto penale italiano. Paradossalmente insegnanti, medici, notai e anche segretari comunali, per esempio, che sono a conoscenza di abuso o una violenza, sono obbligati dalla legge a denunciare: un prete, pur officiando cerimonie, non è un pubblico ufficiale, come sancito da una sentenza della Cassazione del 2009.

Ma le nuove linee guida della Cei, guidata dal cardinale Matteo Zuppi (anche lui tra i papabili), vale la pena ricordarlo, al punto 5.5 spiegano che “non può essere tollerato nessun clima di complice e omertoso silenzio in tema di abuso sessuale nei confronti di minori o persone vulnerabili: chiunque abbia notizia della presunta commissione in ambito ecclesiale di abusi sessuali nei confronti di minori o persone vulnerabili è tenuto a segnalare tempestivamente i fatti di sua conoscenza alla competente autorità ecclesiastica, a tutela dei minori e degli adulti vulnerabili, della ricerca della verità e del ristabilimento della giustizia, se lesa”. Quand’è che è necessario soffocare l’omertà e denunciare per un ecclesiastico? Viene spiegato al punto 8.2: “L’autorità ecclesiastica ha l’obbligo morale di procedere all’inoltro dell’esposto all’autorità civile qualora, dopo il sollecito espletamento dell’indagine previa, sia accertata la sussistenza del fumus delicti. L’autorità ecclesiastica non procederà a presentare l’esposto nel caso di espressa opposizione, debitamente documentata e ragionevolmente giustificata, da parte della vittima (se nel frattempo divenuta maggiorenne), dei suoi genitori o dei tutori legali, fatto salvo sempre il prioritario interesse del minorenne“.

Il certificato antipedofilia – Inoltre, la legge italiana non prevede un sistema efficace di monitoraggio e prevenzione degli abusi. Il certificato antipedofilia, previsto dalla Convenzione di Lanzarote, non è applicato a tutte le categorie a rischio, come i volontari, lasciando ampi spazi di impunità. L’associazione Rete L’Abuso ha cercato di colmare questa lacuna raccogliendo dati e testimonianze direttamente dalle vittime. Tuttavia, Zanardi denuncia la mancanza di collaborazione da parte delle istituzioni ecclesiastiche e civili. “In Italia c’è un problema enorme di omertà”, afferma Zanardi, sottolineando che spesso le vittime vengono ignorate o addirittura minacciate quando cercano giustizia.

Zanardi critica la risposta della Chiesa italiana agli scandali di abusi, accusando i vertici ecclesiastici di non aver rispettato gli appelli di Papa Francesco e di non aver istituito una commissione indipendente di inchiesta. “Stiamo esponendo un problema che non è risolvibile con le sole forze della Santa Sede”, afferma Zanardi, “lo sforzo di chiunque sarà eletto Papa sarà quello di intervenire chiedendo agli Stati che hanno vuoti legislativi, come l’Italia, di colmarli per non rendere vano lo sforzo che anche la Chiesa sta cercando di fare in questo contesto”. L’associazione Rete L’Abuso ha presentato istanze all’Unione Europea e alle Nazioni Unite per sollecitare un intervento internazionale e costringere l’Italia a adottare leggi più severe e a proteggere meglio le vittime. “Cosa intendono fare Ue e Onu per fermare gli abusi sessuali sui minori del clero in Italia?”, è la domanda posta da Zanardi in un esposto presentato a entrambe le istituzioni sovranazionali.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/05/06/sono-1-031-i-preti-accusati-di-pedofilia-la-denuncia-della-rete-labuso-sugli-incredibili-vuoti-legislativi/7976674/


fret - 10/05/2025 03:16

Non esistono statistiche ufficiali sulla diffusione della pedofilia in generale, men che meno su quella di matrice clericale.

Il ministero per le Pari opportunità non rende pubblici i dati dell’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile contribuendo a far passare l’idea falsa, nell’opinione pubblica, che si tratti di un fenomeno occasionale, circoscritto a determinati ambiti o specifiche realtà di degrado sociale.

Tra il 2022 e l’inizio del 2023, in assenza di statistiche ufficiali ho realizzato per il sito della rivista Left una lunga inchiesta – lavorando su fonti giornalistiche, documenti, testimonianze, sentenze passate in giudicato, database Rete l’Abuso etc – dalla quale è emerso che in Italia in 23 anni, dal 2000, sono stati denunciati 146 sacerdoti, 113 sono state le condanne definitive per reati di natura pedofila, le vittime accertate minori di 14 anni sono state almeno 516. Dico almeno perché è impossibile anche solo stimare il numero delle vittime di pedopornografia online. Nessuna delle 146 denunce alla magistratura è partita da un vescovo.

E ancora, il 17 dicembre del 2022 mons. Baturi, segretario generale della Conferenza episcopale, ha rivelato che dal 2010 al 2020 sono stati «613 i fascicoli trasmessi dalle diocesi italiane al dicastero per la Dottrina della fede», cioè alla Santa sede. Altri 100 fascicoli erano stati trasmessi tra il 2000 e il 2010. Sommando questi numeri viene fuori che tra il 2000 e il 2023 in Italia sono stati denunciati almeno 146+613+100 (cioè 859) casi di pedofilia nella Chiesa. Nemmeno i 713 fascicoli della Cei sono mai stati condivisi con la magistratura, sempre in virtù del “diritto” a non collaborare sancito dall’articolo 4 del Concordato.

Solo per fare un paragone veloce: Spotlight del Boston Globe nel 2001 ha dato il via alle inchieste negli Usa che hanno portato alla bancarotta 15 diocesi, partendo da 89 casi; la commissione Ciase in Francia, di cui tanto si è parlato qui da noi nel 2021, ha scoperchiato un’orrenda situazione molto simile a quella statunitense partendo dalla denuncia di 70 casi. Qui da noi, dopo 859 casi e chissà quante migliaia di vittime ancora non si muove nulla.


Non esistono statistiche ufficiali sulla diffusione della pedofilia in generale, men che meno su quella di matrice clericale.

Il ministero per le Pari opportunità non rende pubblici i dati dell’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile contribuendo a far passare l’idea falsa, nell’opinione pubblica, che si tratti di un fenomeno occasionale, circoscritto a determinati ambiti o specifiche realtà di degrado sociale.

Tra il 2022 e l’inizio del 2023, in assenza di statistiche ufficiali ho realizzato per il sito della rivista Left una lunga inchiesta – lavorando su fonti giornalistiche, documenti, testimonianze, sentenze passate in giudicato, database Rete l’Abuso etc – dalla quale è emerso che in Italia in 23 anni, dal 2000, sono stati denunciati 146 sacerdoti, 113 sono state le condanne definitive per reati di natura pedofila, le vittime accertate minori di 14 anni sono state almeno 516. Dico almeno perché è impossibile anche solo stimare il numero delle vittime di pedopornografia online. Nessuna delle 146 denunce alla magistratura è partita da un vescovo.

E ancora, il 17 dicembre del 2022 mons. Baturi, segretario generale della Conferenza episcopale, ha rivelato che dal 2010 al 2020 sono stati «613 i fascicoli trasmessi dalle diocesi italiane al dicastero per la Dottrina della fede», cioè alla Santa sede. Altri 100 fascicoli erano stati trasmessi tra il 2000 e il 2010. Sommando questi numeri viene fuori che tra il 2000 e il 2023 in Italia sono stati denunciati almeno 146+613+100 (cioè 859) casi di pedofilia nella Chiesa. Nemmeno i 713 fascicoli della Cei sono mai stati condivisi con la magistratura, sempre in virtù del “diritto” a non collaborare sancito dall’articolo 4 del Concordato.

Solo per fare un paragone veloce: Spotlight del Boston Globe nel 2001 ha dato il via alle inchieste negli Usa che hanno portato alla bancarotta 15 diocesi, partendo da 89 casi; la commissione Ciase in Francia, di cui tanto si è parlato qui da noi nel 2021, ha scoperchiato un’orrenda situazione molto simile a quella statunitense partendo dalla denuncia di 70 casi. Qui da noi, dopo 859 casi e chissà quante migliaia di vittime ancora non si muove nulla.

La mia indagine giornalistica conferma quanto scoperto e accertato dall’associazione Rete L’abuso, una onlus che è anche l’unica realtà della società civile nel nostro Paese che si occupa di tutela dei diritti delle vittime di preti violentatori.

Non esistono statistiche ufficiali sulla diffusione della pedofilia in generale, men che meno su quella di matrice clericale.

Il ministero per le Pari opportunità non rende pubblici i dati dell’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile contribuendo a far passare l’idea falsa, nell’opinione pubblica, che si tratti di un fenomeno occasionale, circoscritto a determinati ambiti o specifiche realtà di degrado sociale.

Tra il 2022 e l’inizio del 2023, in assenza di statistiche ufficiali ho realizzato per il sito della rivista Left una lunga inchiesta – lavorando su fonti giornalistiche, documenti, testimonianze, sentenze passate in giudicato, database Rete l’Abuso etc – dalla quale è emerso che in Italia in 23 anni, dal 2000, sono stati denunciati 146 sacerdoti, 113 sono state le condanne definitive per reati di natura pedofila, le vittime accertate minori di 14 anni sono state almeno 516. Dico almeno perché è impossibile anche solo stimare il numero delle vittime di pedopornografia online. Nessuna delle 146 denunce alla magistratura è partita da un vescovo.

E ancora, il 17 dicembre del 2022 mons. Baturi, segretario generale della Conferenza episcopale, ha rivelato che dal 2010 al 2020 sono stati «613 i fascicoli trasmessi dalle diocesi italiane al dicastero per la Dottrina della fede», cioè alla Santa sede. Altri 100 fascicoli erano stati trasmessi tra il 2000 e il 2010. Sommando questi numeri viene fuori che tra il 2000 e il 2023 in Italia sono stati denunciati almeno 146+613+100 (cioè 859) casi di pedofilia nella Chiesa. Nemmeno i 713 fascicoli della Cei sono mai stati condivisi con la magistratura, sempre in virtù del “diritto” a non collaborare sancito dall’articolo 4 del Concordato.

Solo per fare un paragone veloce: Spotlight del Boston Globe nel 2001 ha dato il via alle inchieste negli Usa che hanno portato alla bancarotta 15 diocesi, partendo da 89 casi; la commissione Ciase in Francia, di cui tanto si è parlato qui da noi nel 2021, ha scoperchiato un’orrenda situazione molto simile a quella statunitense partendo dalla denuncia di 70 casi. Qui da noi, dopo 859 casi e chissà quante migliaia di vittime ancora non si muove nulla.

La mia indagine giornalistica conferma quanto scoperto e accertato dall’associazione Rete L’abuso, una onlus che è anche l’unica realtà della società civile nel nostro Paese che si occupa di tutela dei diritti delle vittime di preti violentatori.

https://retelabuso.org/

La mia indagine giornalistica conferma quanto scoperto e accertato dall’associazione Rete L’abuso, una onlus che è anche l’unica realtà della società civile nel nostro Paese che si occupa di tutela dei diritti delle vittime di preti violentatori.

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ex - 10/05/2025 03:15

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