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  • 08/05/2025 10:53

CAMPAGNA “DATE I NUMERI” sulle CONTENZIONI in Toscana

CAMPAGNA “DATE I NUMERI” sulle CONTENZIONI in Toscana Le volte in cui, nel solo 2022, donne e uomini sono stati contenuti immobilizzati a letto sono state 7534 in 12 Regioni italiane. Il numero in tutta Italia è certamente molto più alto, visto che le altre 8 Regioni non hanno inviato dati utilizzabili o affermano di non averli. Tra queste la Regione Toscana. “I dati richiesti non sono detenuti dalla scrivente amministrazione”: è la sorprendente risposta ricevuta dalla regione Toscana, i cui funzionari – forse ignari dell’impegno preso dall’intesa Stato-Regioni dell’aprile 2022 sul monitoraggio delle contenzioni entro luglio 2024 – hanno invitato a rivolgersi direttamente a ciascuna delle aziende sanitarie locali oppure ai singoli reparti psichiatrici ospedalieri.

I commenti

Il problema che siamo in Italia dove vige solo ideologia nella Psichiatria invece che la Scienza

Marzio - 19/05/2025 09:41

Implicazioni etiche:
L’uso della contenzione fisica solleva significative questioni etiche. È essenziale che il ricorso a tali metodi sia giustificato solo quando non esistono alternative meno restrittive e che sia sempre temporaneo e strettamente monitorato. Gli operatori sanitari devono essere formati adeguatamente per utilizzare questi dispositivi in modo sicuro ed etico, garantendo il massimo rispetto per la dignità e i diritti del paziente.

Contenzione Chimica
La contenzione chimica comporta l’uso di farmaci per controllare o modificare il comportamento del paziente. I principali farmaci utilizzati includono:

Tranquillanti: questi farmaci, come le benzodiazepine, sono utilizzati per ridurre l’ansia e calmare il paziente.
Sedativi: farmaci come i barbiturici o alcuni antipsicotici possono essere usati per indurre uno stato di sedazione, riducendo l’agitazione e l’aggressività.
Applicazioni:
La contenzione chimica è comunemente utilizzata in contesti di emergenza psichiatrica, nelle case di cura per anziani con pazienti affetti da demenza severa, e nei reparti di terapia intensiva per gestire l’agitazione acuta.

Implicazioni etiche:
L’uso di farmaci per la contenzione presenta rischi significativi, inclusi effetti collaterali gravi e la possibilità di dipendenza. È fondamentale che tali trattamenti siano prescritti solo dopo una valutazione approfondita del paziente e che siano soggetti a monitoraggio continuo. Inoltre, l’uso di contenzione chimica dovrebbe sempre essere l’ultima risorsa, utilizzata solo quando le altre misure non sono efficaci.

Contenzione ambientale
La contenzione ambientale si riferisce a modifiche dell’ambiente fisico per migliorare la sicurezza e limitare i movimenti potenzialmente pericolosi del paziente. Le tecniche utilizzate includono:

Uscite mimetizzate: porte e vie di uscita sono progettate per essere meno visibili o accessibili, riducendo il rischio di fughe.
Sistemi di allarme: sensori e allarmi sono installati per monitorare i movimenti dei pazienti, soprattutto quelli a rischio di cadute o di fuga.
Applicazioni:
Queste tecniche sono particolarmente utili nelle case di cura per pazienti con demenza, negli ospedali psichiatrici e nelle strutture residenziali per persone con disabilità intellettive.

Implicazioni etiche:
La contenzione ambientale è generalmente considerata meno invasiva rispetto ad altre forme di contenzione, ma è cruciale che le modifiche all’ambiente non compromettano eccessivamente la libertà e la qualità della vita del paziente. È importante che tali misure siano implementate in modo che rispettino il benessere e la dignità del paziente, consentendo il massimo grado di autonomia possibile.

Contenzione psicologica/relazionale
La contenzione psicologica (o relazionale) si basa sull’interazione umana e sulla gestione emotiva per ridurre comportamenti aggressivi e promuovere un senso di sicurezza. Le tecniche principali includono:

Ascolto empatico: comprendere e rispondere in modo sensibile alle preoccupazioni e ai bisogni emotivi del paziente.
Creazione di un ambiente sicuro: stabilire un ambiente che ispira fiducia e tranquillità, riducendo l’ansia e l’aggressività.
Applicazioni:
Queste tecniche sono utilizzate in una vasta gamma di contesti, inclusi ospedali, case di cura, e centri di assistenza psichiatrica. Sono particolarmente efficaci nella gestione a lungo termine di pazienti con disturbi comportamentali o emotivi.

Implicazioni etiche:
La contenzione psicologica/relazionale è considerata la forma più umana e rispettosa di gestione del comportamento, poiché si concentra sulla costruzione di una relazione positiva tra l’operatore socio sanitario e il paziente. Promuove l’autonomia e il benessere del paziente e minimizza la necessità di interventi più invasivi.

La gestione della contenzione è un equilibrio delicato tra sicurezza e rispetto della dignità del paziente. Ogni tipo di contenzione ha le proprie indicazioni specifiche e deve essere applicato con una consapevolezza attenta delle implicazioni etiche. L’obiettivo finale dovrebbe essere sempre quello di minimizzare l’uso di contenzione, utilizzando metodi meno invasivi e promuovendo un approccio centrato sul paziente che valorizzi la sua dignità e autonomia.

Ragioni per l’uso della contenzione fisica
L’uso di contenzioni fisiche è una pratica controversa, spesso riservata a situazioni in cui tutte le altre opzioni meno restrittive si sono rivelate inefficaci. Comprendere le ragioni che giustificano l’uso delle contenzioni fisiche è essenziale per garantire che vengano impiegate in modo etico e sicuro. Di seguito vengono illustrate le principali motivazioni per cui si ricorre alle contenzioni fisiche.

Prevenzione di autolesionismo

Proteggere il paziente da comportamenti auto-distruttivi o suicidari.
Sicurezza degli altri

Prevenire comportamenti violenti o aggressivi che potrebbero mettere in pericolo il personale sanitario, altri pazienti o visitatori.
Controllo di comportamenti disturbanti

Gestire situazioni in cui il paziente mostra agitazione o confusione grave, compromettendo la propria sicurezza o quella altrui.
Impedire la rimozione di dispositivi medici

Evitare che il paziente rimuova tubi, cateteri o altri dispositivi medici essenziali per il trattamento.
Supporto alla cura medica

Facilitare la somministrazione di trattamenti medici o la realizzazione di procedure necessarie, quando il paziente non è in grado di collaborare.
Prevenzione delle cadute

Ridurre il rischio di cadute per pazienti con mobilità limitata o condizioni mediche che compromettono l’equilibrio.
L’uso delle contenzioni fisiche deve essere sempre considerato con estrema cautela e utilizzato solo come ultima risorsa, nel rispetto della dignità e dei diritti del paziente. La decisione di impiegare contenzioni fisiche richiede un’attenta valutazione clinica, una supervisione costante e un approccio che prioritizzi sempre il benessere e la sicurezza del paziente.

La prescrizione della restrizione rientra nella competenza medica e deve essere documentata in cartella clinica, specificando la durata, le modalità, la motivazione e il monitoraggio. Inoltre, l’applicazione della restrizione deve essere preceduta da un valido consenso informato da parte del soggetto assistito o del suo tutore legale.

La decisione di ricorrere alla restrizione dovrebbe derivare da una valutazione multidimensionale dello stato psico-fisico della persona, condotta da un’équipe multidisciplinare, che prioritariamente consideri le possibili alternative o, in caso di insuccesso, elabori un piano d’intervento personalizzato.

La Normativa: codice penale e costituzione
La normativa sulle contenzioni si basa su principi etici e legali che mirano a limitare il loro uso alle situazioni strettamente necessarie, promuovendo al contempo alternative meno restrittive.

Limiti imposti al rispetto della persona umana;
L’uso ingiustificato può configurare reati;
Necessità di stato di necessità e proporzionalità;
Aspetti principali della normativa sulle contenzioni
Principio di ultima risorsa

Le contenzioni fisiche devono essere utilizzate solo quando tutte le altre misure meno restrittive si sono dimostrate inefficaci nel garantire la sicurezza del paziente e degli altri.
Valutazione e autorizzazione

Prima di applicare una contenzione, è necessaria una valutazione clinica dettagliata e, nella maggior parte dei casi, un’autorizzazione da parte di un medico. La decisione deve essere documentata accuratamente.
Durata limitata

Le contenzioni devono essere applicate per il tempo strettamente necessario. È obbligatorio monitorare e rivalutare regolarmente la situazione per determinare se la contenzione è ancora necessaria.
Supervisione continua

Durante l’uso delle contenzioni, i pazienti devono essere sorvegliati costantemente per garantire la loro sicurezza e il loro benessere. La supervisione deve essere documentata.
Formazione del personale

Il personale sanitario deve ricevere una formazione adeguata sull’uso sicuro e appropriato delle contenzioni, nonché sulle alternative meno restrittive e sulle tecniche di de-escalation.
Consenso informato

Quando possibile, il paziente (o il suo rappresentante legale) deve essere informato riguardo alla necessità delle contenzioni e dare il proprio consenso. In caso di emergenza, il consenso deve essere ottenuto il prima possibile.
Diritti dei pazienti

Le normative proteggono i diritti dei pazienti, assicurando che siano trattati con dignità e rispetto. È essenziale che i pazienti comprendano il motivo dell’uso delle contenzioni e siano coinvolti nel processo decisionale.
Documentazione e revisione

Ogni episodio di contenzione deve essere accuratamente documentato, specificando la ragione, la durata e le condizioni del paziente. Le istituzioni sanitarie devono revisionare periodicamente l’uso delle contenzioni per migliorare le pratiche e garantire il rispetto delle normative.
Secondo l’art. 54 del Codice Penale, i diversi mezzi di restrizione possono essere impiegati solo in situazioni di stato di necessità, che deve presentare le seguenti caratteristiche:

essere attuale, cioè la possibilità che si verifichi deve esistere;
causare un danno alla persona;
essere grave;
l’agente non deve volontariamente porsi nel pericolo.
L’impiego di restrizione senza queste condizioni configura reati come abusi dei mezzi di correzione e di disciplina, maltrattamenti, lesioni personali volontarie, omicidio colposo, sequestro di persona e violenza privata.

L’operatore sociosanitario che utilizza mezzi di limitazione deve sempre tenere conto delle implicazioni sul piano della responsabilità dell’operatore stesso.

La Costituzione, il Codice penale, il Codice Civile e il Codice etico e deontologico, infatti, tutelano il rispetto e la libertà dell’individuo e puniscono l’abuso e l’uso improprio di tali mezzi. In particolare, l’abuso dei mezzi di limitazione è punibile in base all’articolo 571 del Codice penale che cita:

Chiunque abusa di mezzi di limitazione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragione di educazione, cura o vigilanza, ovvero per l’esercizio di una professione, è punibile se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente…

e all’articolo 610 del Codice penale che recita:

L’uso non giustificato dei mezzi di limitazione potrebbe anche tradursi in accusa di aggressione e violenza.

Utilizzo nelle RSA in Italia
La variazione significativa nell’uso delle contenzioni fisiche, che va dal 41,7% registrato in Emilia-Romagna al 17,5% in Abruzzo, solleva importanti questioni riguardo alla pratica clinica e alla qualità dell’assistenza sanitaria nel nostro paese.

Questi dati evidenziano disparità regionali nell’applicazione delle contenzioni fisiche, suggerendo la necessità di un’analisi approfondita delle pratiche cliniche e di interventi mirati per standardizzare e migliorare l’approccio alla gestione dei comportamenti agitati o violenti dei pazienti.

In questa prospettiva, l’implementazione di interventi formativi rivolti al personale sanitario emerge come una strategia fondamentale per ridurre il ricorso a questa pratica, promuovendo alternative meno restrittive e rispettose della dignità e dei diritti dei pazienti.

Conseguenze dell’uso delle contenzioni
L’uso delle contenzioni fisiche in ambito sanitario, sebbene possa essere giustificato in determinate circostanze per garantire la sicurezza dei pazienti e del personale, porta con sé una serie di conseguenze complesse e spesso indesiderate.

Queste conseguenze possono avere un impatto significativo sulla salute fisica e mentale dei pazienti, compromettere la qualità dell’assistenza sanitaria e sollevare questioni etiche e legali. Di seguito l’elenco:

Processo di regressione totale nel paziente;
Perdita di autonomia;
Aumento della disabilità;
Possibili danni fisici e psicologici;
Necessità di superare l’uso delle contenzioni per avanzare in una cultura della cura etica;
Prescrizione della contenzione
Prima di procedere alla limitazione occorre chiedere il consenso al soggetto o ai familiari. Se il soggetto è cosciente, è importante cercare di tranquillizzarlo, spiegando che gli interventi attuati mirano a garantire la sua sicurezza.

L’impiego della limitazione deve essere prescritto dal medico. Nella prescrizione devono essere indicate la motivazione e la tipologia di limitazione.
La prescrizione deve includere il termine dell’intervento limitativo o la rivalutazione della sua reale necessità. Eventuali prolungamenti o riduzioni della limitazione devono avvenire solo dopo ulteriore verifica del soggetto da parte dell’équipe.
La limitazione non può essere imposta per più di 12 ore consecutive.
Durante il periodo di limitazione, il soggetto deve essere monitorato ogni 15 minuti dal personale infermieristico e almeno ogni 8 ore dal personale medico.
Durante il periodo di limitazione, è essenziale garantire al soggetto la possibilità di movimento ed esercizio, per non meno di 10 minuti ogni 2 ore, escludendo la notte.
Ogni 3-4 ore devono essere valutati eventuali effetti dannosi come abrasioni o lesioni da decubito.
Durante il periodo di limitazione, è necessario assicurare comfort e sicurezza al soggetto.
Oltre le 24 ore di immobilizzazione, è necessario attenersi alle linee guida sulla prevenzione della trombosi venosa profonda.
Di fatto, il ricorso alle contenzioni richiede una valutazione attenta, rispettando principi etici e legali. Promuovere interventi formativi è cruciale per ridurre il loro utilizzo e adottare alternative rispettose della dignità e dell’autonomia della persona anziana.

oss - 18/05/2025 13:11

Contenzioni nelle RSA: legislazione ed etica professionale
I mezzi di contenzione fisica sono dispositivi che limitano la libertà dei movimenti volontari della persona e che possono essere più o meno invasivi a seconda del grado di costrizione provocato.



In nessun ospedale dove i malati sono legati credo che nessuna terapia, di nessun tipo, possa dare giovamento (F. Basaglia, 1968)


Il rispetto dell’autonomia e della dignità della persona è alla base di una buona relazione terapeutica ed è condizione necessaria per ottenere l’efficacia di un trattamento. Nonostante ciò, l’utilizzo dei mezzi di contenzione è ancora molto diffuso e tale pratica, spesso aggravata dallo stato di fragilità della persona a cui viene applicata, affonda le radici in una cultura assistenziale poco attenta agli aspetti appena citati.
La contenzione fisica
La contenzione è un atto sanitario-assistenziale di natura eccezionale, da prendere in considerazione solo quando tutte le altre misure alternative si sono dimostrate inefficaci (Cester & Gumirato, 1997). L’utilizzo di tale pratica è un tema molto dibattuto, sia dal punto di vista etico che normativo, per la scarsa efficacia clinica dimostrata e per le implicazioni derivanti dalla limitazione della libertà dell’individuo.

I mezzi di contenzione fisica sono, infatti, dispositivi che limitano la libertà dei movimenti volontari della persona e che possono essere più o meno invasivi a seconda del grado di costrizione provocato. Essi, in base alla situazione, possono essere applicati al corpo, a una parte di esso o allo spazio circostante. Esempi di contenzione fisica sono le sponde a letto, il tavolino avvolgente la carrozzina, i divaricatori, le cinture addominali, pelviche e pettorali, il lenzuolo contenitivo, i bracciali e le manopole (Zanetti & Costantini, 2001).

Relativamente al paziente anziano, l’utilizzo dei dispositivi di contenzione viene spesso giustificato dalla presenza di agitazione psico-motoria, di comportamenti aggressivi auto e/o etero lesionistici e dal rischio di caduta (Evans et al., 2002).

Il Comitato Nazionale di Bioetica (CNB, 2015) sottolinea però che per applicare forme di contenzione fisica non è sufficiente la presenza di uno stato di agitazione, ma deve presentarsi un pericolo grave e attuale per il malato o per terzi. Una volta scongiurato, la contenzione deve cessare poiché non più giustificata.

La prescrizione della contenzione è di competenza medica e va riportata in cartella clinica, specificando il tempo di applicazione, le modalità, il motivo e il monitoraggio. Inoltre, la sua applicazione deve essere preceduta da un valido consenso informato da parte della persona assistita o da chi ne ha la tutela giuridica (Casale, 2001).

Tale decisione dovrebbe essere il risultato di una valutazione multidimensionale dello stato psico-fisico della persona, effettuata dall’équipe multidisciplinare, la quale dovrebbe prendere prioritariamente in considerazione le misure alternative possibili o, nel caso in cui esse si dimostrino fallimentari, elaborare un piano d’intervento individualizzato. Quando la contenzione diviene l’unica soluzione possibile, devono essere tenuti in considerazione i principi dello stato di necessità e della proporzionalità (Kramer, 1994; Reuben et al., 1995).

Aspetti normativi
L’utilizzo non giustificato dei mezzi di contenzione espone i responsabili a ipotesi di reato, in quanto una condotta di questo tipo rappresenta una violazione dei diritti fondamentali della persona, limitandone la libertà di movimento e l’autodeterminazione.

Secondo l’art. 54 del Codice Penale, infatti, i diversi dispositivi di contenzione possono essere impiegati solo nei casi in cui si prefiguri uno stato di necessità, ovvero quando il pericolo presenta le seguenti caratteristiche: a) è attuale, cioè deve esistere la possibilità che si verifichi; b) causa un danno alla persona; c) è grave; d) l’agente non deve porsi di propria volontà nel pericolo.

D’altro canto, sottoporre a contenzione individui in assenza delle suddette condizioni comporta il configurarsi dei seguenti reati previsti dal Codice Penale: Art. 571 – Abusi dei mezzi di correzione e di disciplina; Art. 572 – Maltrattamenti; Art. 582-83 – Lesioni personali volontarie; Art. 589 – Omicidio colposo; Art. 605 – Sequestro di persona; Art. 610 – Violenza privata.

A queste fonti di diritto di rango superiore si aggiunge, inoltre, il codice deontologico di ogni professionista sanitario coinvolto. Relativamente alla professione dello psicologo, è bene ricordare in tale contesto l’articolo 4 –“Lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione e all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni. […] Rifiuta la sua collaborazione ad iniziative lesive degli stessi”– e l’articolo 22 –“Lo psicologo adotta condotte non lesive per le persone di cui si occupa professionalmente”–.

Conseguenze legate all’uso delle contenzioni
Se si permette che mani e piedi vengano legati, in breve si riscontrerà nel paziente un totale processo di regressione e si darà l’avvio a ogni genere di trascuratezza e tirannia, fino a che la repressione diventerà l’abituale sostituto dell’attenzione, della pazienza, della tolleranza e della gestione corretta (Conolly, 1856).

In letteratura sono presenti una serie di evidenze che sottolineano le conseguenze nocive dovute all’utilizzo dei mezzi di contenzione, sia a breve che a lungo termine: tra queste la perdita di autonomia, l’aumento della disabilità e la morte stessa (Mohsenian et al., 2003).

I potenziali danni riscontrati sono di natura fisica, quali arrossamento, abrasioni, ematomi, cianosi, strangolamento, asfissia da compressione della gabbia toracica, incontinenza, infezioni, sarcopenia e lesioni da decubito, e di natura psicologica, come paura, sconforto, agitazione, stress, confusione, rabbia, depressione, perdita di autostima, umiliazione e regressione comportamentale (Evans et al., 2002).

Secondo il parere del Comitato Nazionale per la Bioetica (2015, pag.3) “Il superamento della contenzione è un tassello fondamentale nell’avanzamento di una cultura della cura – nei servizi psichiatrici e nell’assistenza agli anziani – in linea con i criteri etici generalmente riconosciuti e applicati in ogni altro campo sociosanitario”.

Spesso il ricorso alla contenzione è anche determinato da una scarsa conoscenza delle possibili alternative, motivo per cui è necessario promuovere interventi formativi che favoriscano una cultura dell’assistenza attenta al ruolo dei fattori relazionali e ambientali nel processo di cura e consapevole dei rischi e dei problemi associati al contenimento.

Misure alternative
In letteratura sono state proposte numerose misure alternative alla contenzione volte ad arginare episodi di agitazione psico-motoria e di aggressività, promuovendo al contempo la sicurezza della persona e la sua libertà di movimento (Bryant & Fernald, 1997).

La maggior parte di tali interventi sono principalmente modifiche ambientali o la proposta di stimolazione multisensoriale, come l’innovativa Snoezelen Therapy.

Per quanto riguarda gli interventi ambientali, famosa è l’applicazione dei principi della GentleCare (Jones, 1999). Secondo questa metodologia, risultano particolarmente indicati ambienti privi di rumori di sottofondo, a luci soffuse, con uscite mimetizzate o dotate di sistemi di allarme. Principio alla base di tale intervento è la necessità di adattare l’ambiente alle esigenze della persona invece che pretendere il contrario.


È bene, inoltre, proporre durante la giornata attività occupazionali e di intrattenimento individuali o di gruppo, in modo da stimolare l’individuo e al tempo stesso tenerlo sorvegliato e impegnato. Nel caso sopraggiungano deliri o allucinazioni è necessario mostrare un atteggiamento empatico, evitando qualsiasi tipo di critica, negazione o banalizzazione dello stato emotivo altrui. Circa quest’ultimo punto, è consigliata la pratica della Validation Therapy (Feil, 1991).
Relativamente alla stimolazione sensoriale, in alcune strutture per anziani è possibile trovare la stanza Snoezelen, un ambiente caratterizzato dalla presenza di più stimoli sensoriali diversificati, come musica rilassante, materasso ad acqua, aromaterapia, fasci di fibre ottiche e proiettori. Secondo Kitwood uno dei bisogni principali della persona con demenza è quello di essere occupata (Kitwood, 1997), ed infatti è proprio nei momenti in cui le persone sono inoccupate e sperimentano la noia che sono maggiormente inclini ad agitarsi (Cohen-Mansfield et al., 1992). La stanza Snoezelen ha, dunque, lo scopo di rilassare la persona e al tempo stesso coinvolgerla e stimolarla per prevenire l’agitazione, proponendo stimoli in maniera graduale in modo da evitare un sovraccarico sensoriale.

Il rischio di caduta
Nelle strutture per anziani la principale causa per cui viene prescritto un mezzo contenitivo è spesso il “rischio di caduta”, ma al momento nessuno studio in letteratura dimostra una riduzione di tale rischio nei soggetti sottoposti a contenzione (Zanetti et al., 2012; Sze et al., 2013).

Come è noto, la persona anziana, per le caratteristiche fisiologiche correlate all’età, eventuali comorbidità e farmaci assunti, è altamente suscettibile ai danni da caduta (WHO, 2008).

È bene precisare che la caduta, però, può essere determinata, oltre che dalla presenza di deficit motori e sensoriali, anche da una serie di fattori ambientali che possono essere facilmente individuati ed eliminati, quali scarsa illuminazione, superficie irregolare e presenza di ostacoli lungo il percorso (Quigley et al., 2010).

Risulta, dunque, fondamentale prevenire e ridurre il rischio di caduta attraverso un’attenta valutazione delle caratteristiche del singolo individuo oltre che delle caratteristiche ambientali (Ministero della Salute, 2011).

A tal proposito, esiste uno strumento di valutazione del rischio di caduta, ovvero la Morse Fall Scale (Morse, 1997), un rapido questionario a risposta dicotomica che individua tre tipologie di caduta (accidentale, fisiologica prevedibile, fisiologica non prevedibile) e che prende in considerazione una serie di indicatori utili per l’intercettazione delle persone a rischio, come ad esempio la diagnosi, la storia di cadute, lo stato mentale, l’andatura, il grado di mobilità e la terapia endovenosa.

La condotta aggressiva
Un pericolo configurabile come motivo di contenzione all’interno degli ambienti di cura è sicuramente la manifestazione di aggressività.

Anche in questo caso è fondamentale individuare ed eliminare il fattore scatenante. Secondo la letteratura, infatti, solo il 2% degli episodi violenti accade senza un antecedente (Katz, 2000), mentre più del 70% è dovuto al contatto col personale (Ryden et al., 1991). Rispetto a quest’ultimo dato, emerge la necessità di una grande attenzione e sensibilità da parte del personale di cura verso gli aspetti comunicativi e relazionali.

​​Per quanto riguarda la comunicazione, è ormai nota la sua relazione con l’aggressività, infatti negli ambienti di cura sono spesso consigliate le tecniche di de-escalation (Anderson & Clarke, 1996), un insieme di raccomandazioni per il personale sanitario su come modulare la comunicazione verbale (voce bassa, toni pacati, non sovrapporsi, non rimproverare ecc.) e non verbale (mantenere il contatto visivo, non tenere le mani in tasca, evitare il contatto fisico, attenzione alle espressioni facciali), al fine di ridurre gli agiti aggressivi dei pazienti.

Dal punto di vista relazionale, infine, è essenziale riconoscere che, come sottolineato da Tom Kitwood (1997), spesso i caregivers utilizzano inconsapevolmente nei confronti dell’anziano delle modalità di interazione svalutanti, che possono minare i bisogni psicologici della persona, aumentando l’agitazione. L’autore, ad esempio, individua 17 approcci negativi, tra cui l’invalidazione, l’infantilizzazione, l’imposizione e la derisione.

Horse - 18/05/2025 13:10

Donne, psichiatria e deistituzionalizzazione, ovvero Praticare la differenza
12 Maggio, 2025
L’Università di Pisa ha organizzato per il 13 e il 14 maggio nella città toscana il seminario denominato “Praticare la differenza: donne, psichiatria, deistituzionalizzazione”, iniziativa che si propone come una lettura in chiave femminile del processo di deistituzionalizzazione in àmbito psichiatrico. La due giorni sarà fruibile anche online

Lara - 18/05/2025 10:30

Credo che alle Regioni non interessi casi gravi ospedalieri

Filippo - 17/05/2025 18:46

Non abbiamo diritti

Malato ricoverato Spdc

Uno - 17/05/2025 15:06

n Italia, la contenzione fisica in ospedale è regolamentata da norme legali, deontologiche e da linee guida. In generale, l'uso della contenzione fisica è consentito solo in situazioni eccezionali, come quando un paziente rappresenta un rischio per se stesso o per gli altri, e solo dopo aver escluso altre alternative meno restrittive. La contenzione deve essere sempre motivata, documentata e monitorata, e la sua durata deve essere limitata e rivista periodicamente.
Normativa e Deontologia:
Costituzione Italiana:
L'articolo 13 della Costituzione italiana garantisce la libertà personale, quindi la contenzione fisica è ammessa solo in casi specifici e sotto particolari condizioni.
Codice Penale:
Alcuni articoli del Codice Penale, come l'articolo 572 (maltrattamenti) o il 605 (sequestro di persona), potrebbero essere applicati in caso di contenzione fisica illegittima o abusiva.
Codici Deontologici:
I codici deontologici delle professioni sanitarie (medici, infermieri) regolamentano l'utilizzo della contenzione fisica, sottolineando l'importanza della motivazione, documentazione e monitoraggio.
Linee Guida:
Diverse regioni e ospedali hanno emesso linee guida che forniscono indicazioni più dettagliate sull'utilizzo della contenzione fisica.
Principi Chiave:
Eccezionalità:
La contenzione fisica deve essere utilizzata solo in situazioni eccezionali, come quando un paziente rappresenta un pericolo imminente per sé o per gli altri.
Proporzionalità:
La contenzione deve essere proporzionata alla situazione e al rischio, e non deve essere più restrittiva di quanto necessario.
Ultima Risorsa:
Prima di applicare la contenzione fisica, devono essere esplorate e valutate tutte le alternative meno restrittive.
Documentazione:
L'applicazione della contenzione fisica deve essere documentata nella cartella clinica, indicando le motivazioni, la durata, il tipo di contenzione e i risultati.
Monitoraggio:
La contenzione fisica deve essere monitorata regolarmente per valutare la necessità di mantenerla o di modificarla.
Durata Limitata:
La contenzione fisica deve essere il più breve possibile e deve essere rivalutata periodicamente per verificare se la sua applicazione è ancora necessaria.
In sintesi, la contenzione fisica in ospedale è un intervento limitante la libertà personale che deve essere utilizzato con estrema attenzione, in situazioni eccezionali e con il rispetto delle norme legali e deontologiche, con l'obiettivo di garantire la sicurezza del paziente e degli altri, e di tutelare la dignità dell'individuo.
procedura per la contenzione fisica dei pazienti
NORMATIVA DEONTOLOGICA E GIURIDICA La contenzione fisica è un atto limitante la libertà di un individuo che deve essere posto in e...
ASL Latina

Misure di contenzione e trattamenti senza consenso
Una misura di contenzione può essere imposta a un paziente a titolo eccezionale e dopo aver consultato il personale di cura.

ezio - 16/05/2025 16:13


Non esiste una norma specifica nel nostro ordinamento che disciplini l’utilizzo della contenzione sui pazienti o sugli anziani e, a fronte di tale vuoto normativo, è stata la giurisprudenza a delineare principi e condizioni di liceità dell’utilizzo dei mezzi di contenzione.


Il caso di Franco Mastrogiovanni
In particolare, la sentenza chiave in materia è quella del caso di Franco Mastrogiovanni (Cassazione Penale, V sezione, sentenza 20 giugno 2018, n. 50497), paziente ricoverato in un reparto di psichiatria ospedaliero e contenuto per 87 ore continuative.

Secondo la sentenza quelli di contenzione sono presidi restrittivi della libertà personale che non hanno finalità curativa né producono l’effetto di migliorare le condizioni di salute del paziente; anzi, secondo la lettura scientifica portano con sé il rischio di provocare anche lesioni gravi all’organismo per la pressione esercitata e per la posizione di immobilità forzata.

Svolgerebbero dunque funzione “cautelare” perché diretti a salvaguardare l’integrità fisica del paziente o di chi venga a contatto con questi, laddove vi sia un pericolo per l’incolumità, ma non possono essere ritenuti metodi “ordinariamente ancillare alla terapia farmacologica”.

Si tratta quindi, quella della contenzione, di una pratica da circoscrivere a situazioni del tutto straordinarie solo in situazioni straordinarie e solo per il tempo necessario, e dopo aver esercitato la massima sorveglianza sul paziente.



In questo breve contributo analizzeremo tre diversi aspetti della contenzione:
1. QUANDO E’ OBBLIGATORIO FARNE RICORSO?
2. QUANDO PUO’ DAR LUOGO A RESPONSABILITA’ PENALE?
3. QUANDO L’OPERATORE SANITARIO E’ SCUSATO DALL’ORDINAMENTO GIURIDICO?


1. QUANDO E’ OBBLIGATORIO FARE RICORSO ALLA CONTENZIONE?
L’art. 40 capoverso del codice penale introduce il concetto di “posizione di garanzia”, disciplinando che “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. In altre parole, il soggetto in capo al quale sia rinvenuta una posizione di garanzia, ovverosia la persona che ha l’obbligo giuridico di impedire il verificarsi di un danno perché è tenuto a proteggere il diritto altrui (per legge o per contratto), risponderà (in sede penale) dell’evento dannoso che non ha impedito, come se lo avesse commesso.

Questa disposizione può venire in rilievo in tutti i casi in cui un professionista sanitario debba disporre, a tutela del paziente o di terzi, una misura di contenzione, ma non lo faccia.

Nella prassi, riconoscimenti di questo tenore si sono rinvenuti nei seguenti arresti giurisprudenziali, qui riportati a mero titolo esemplificativo.



Cassazione sezione Penale IV, sentenza n. 9170 del 26.2.2013: con la sentenza si è confermata la condanna per omicidio colposo dell’infermiere per violazione della norma cautelare posta a garanzia dell’incolumità del paziente ricoverato, caduto dal letto una prima volta e poi deceduto per i danni riportati a seguito di una seconda caduta “prevedibile”, imputata al mancato impiego di spondine di contenimento al letto per omessa sollecitazione da parte dell’infermiere al medico, affinché prescrivesse il mezzo di contenzione necessario e per omessa vigilanza.



Cassazione sezione Penale IV, sentenza n. 21285 del 17.5.2013: ha affermato che l’omissione negligente dell’impiego delle spondine di contenimento al letto del paziente confuso e agitato, che pur rifiuta l’intervento di contenzione, comporta responsabilità per omicidio colposo a carico dell’infermiere, in caso di decesso del paziente per trauma da caduta.



Cassazione sezione Penale IV, sentenza n. 23661 del 31.5.2013: ha ritenuto responsabili del suicidio di un anziano demente gli addetti all’assistenza e il direttore della Casa per anziani che non hanno adottato le misure restrittive necessarie a prevenire il danno. In motivazione la Suprema Corte ha ritenuto sussistente una posizione di garanzia in capo al direttore della struttura in virtù del contratto di spedalità (stipulato fra il paziente e l’ospedale o la struttura), evidenziando che la struttura non era idonea a garantire prestazioni adeguate in termini di sicurezza alle condizioni della paziente. Pertanto ha ritenuto il direttore non avrebbe dovuto accoglierla nella struttura.



Cassazione sezione VI Penale, sentenza n. 35591 del 2.7.202: ha confermato che l’infermiere professionale è titolare, ai sensi dell’art. 1, Legge 10 agosto 2000, n. 251, e del codice deontologico degli infermieri, di una posizione di garanzia che si sostanzia di specifici obblighi giuridici, autonomi rispetto a quelli del medico, verso l’assistito per la tutela della vita e della salute (art. 2 e 32 della Costituzione). Dunque l’art. 40 co 2 c.p. impone che lo stesso possa applicare misure di contenzione a scopo cautelare circoscrivendole ad un uso straordinario, motivato ed annotato nella documentazione clinico-assistenziale.





2. QUANDO L’UTILIZZO DELLA CONTENZIONE PUO’ DAR LUOGO A RESPONSABILITA’ PENALE?


Di converso, se sussiste un obbligo di protezione in capo agli operatori della salute, cosa succede quando l’operatore sanitario utilizzi mezzi di contenzione laddove non sussistano i presupposti per farlo?
La giurisprudenza ha ritenuto applicabili, a seconda delle fattispecie concrete, alcune specifiche ipotesi di reato:



Art. 572 c.p., maltrattamenti, qualora si instauri, anche a causa della contenzione abusivamente applicata, un clima di vessazione e di indifferenza nei confronti dei bisogni primari degli assistiti, così Cass. pen., Sez. VI, Sentenza, 02/07/2021, n. 35591.



Art. 575 c.p., omicidio, nella forma colposa o dolosa, come nel caso trattato dalla sentenza “Mastrogiovanni”.



Art. 582 c.p., lesioni personali, nel caso in cui la contenzione abbia provocato una malattia nel paziente, nella forma colposa o dolosa.



Art. 586 c.p., morte o lesioni in conseguenza di altro reato, qualora le condotte di privazione della libertà personale consistita nella contenzione illecita cagioni la morte o la lesione del paziente.



Art. 605 c.p., che sanziona il sequestro di persona, dal momento che la contenzione si tratta di uno stato di privazione della libertà personale, ad oggi difficilmente applicabile stante la mutata procedibilità a querela.



Art. 610 c.p., violenza privata, la cui condotta consiste nella costrizione a fare od omettere qualche cosa, il che fa facilmente intuire la connessione con la contenzione.





3. QUANDO L’OPERATORE SANITARIO CHE USI CONTENZIONE E’ SCUSATO DALL’ORDINAMENTO GIURIDICO?


Casi di liceità dell’utilizzo della contenzione
In tema di contenzione e diritto penale possono trovare applicazione le scriminanti previste dal codice penale.



Art. 50 c.p.: il consenso dell’avente diritto

Secondo tale norma non è punibile colui che lede o pone in pericolo un diritto altrui con il consenso del suo titolare. Ciò a patto che il soggetto possa liberamente disporre di tale diritto e che il consenso sia liberamente e validamente prestato.

Per fare un esempio concreto un paziente capace di intendere e di volere ma con delle disabilità motorie potrebbe certamente prestare l’assenso o richiedere in prima persona l’applicazione di spondine o contenimenti al letto o alla sedia a rotelle per tutelarsi da eventuali cadute o agevolarsi nella postura o nei movimenti.



Art. 51 c.p.: l’adempimento di un dovere

Un’altra causa di giustificazione che, talvolta, la giurisprudenza ha ritenuto applicabile è quella prevista dall’art. 51 c.p., ossia l’adempimento di un dovere. Nel caso di specie, il Tribunale di Pordenone con sentenza n. 39/1992 ha escluso la colpevolezza dell’imputato per il delitto di violenza privata ex art. 610 c.p. relativo ad una condotta di un infermiere che ha impiegato la contenzione fisica nei confronti di un paziente confuso nell’ambito di una comprovata necessità nell’adempimento del dovere di somministrare una terapia endovenosa, nonostante l’assenza di una prescrizione medica per applicare la contenzione.



Art. 54 c.p.: stato di necessità

Infine, ma non per importanza, la giurisprudenza ricorre abbondantemente alla scriminante dello stato di necessità in tema di contenzione. In base all’art. 54 c.p. non è punibile colui che ha commesso un fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale e non altrimenti evitabile di un danno grave alla persona, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo. In tal caso la contenzione deve apparire nel caso concreto urgente, necessaria e priva di alternative valide a scongiurare il pericolo attuale per l’incolumità fisica. Sul punto, una cristallina esposizione in tema di applicazione dello stato di necessità ai casi di contenzione medica è fornita dalla già menzionata sentenza Mastrogiovanni, ampiamente confermata dalla giurisprudenza successiva.


avvocato - 16/05/2025 16:04

focalizzando l'attenzione al tema della contenzione, di primo acchito potrebbe destare perplessità il dettato dell'articolo 35 del nuovo Codice Deontologico degli infermieri - nonché il solo fatto che esso sia presente - ripercorrendo le tappe attraverso le quali ci si è arrivati: pensiamo alla rimozione del termine "contenzione" dalla prima bozza del nuovo codice (2016) e poi la marcia indietro. A distanza di circa due anni la contenzione riappare, in un articolo testualmente più articolato di quanto lo fosse nella versione del 2009.

La contenzione e il nuovo Codice Deontologico degli infermieri

Approvato nelle sedute del 12 e 13 aprile scorsi è finalmente giunto a compimento il nuovo codice deontologico delle professioni infermieristiche, dopo una lunga attesa: progettato nel 2016, la prima consultazione pubblica venne a scadere il 30 aprile 2017, ma in seguito si rese necessaria la riapertura dei lavori per il corretto coordinamento con le leggi sopravvenute e sopravvenienti, e con le criticità sociali emergenti.

La versione definitiva infatti si rivela precisamente orientata ai principali contenuti espressi dalla legislazione in materia di protezione dei dati personali e in materia di consenso ai trattamenti sanitari, e recepisce alcune implementazioni dalle norme in materia di sicurezza delle cure e di responsabilità professionale, assumendo inoltre una chiara posizione in merito al corretto utilizzo delle nuove tecnologie di comunicazione e diffusione.

Focalizzando l'attenzione al tema della contenzione, d'acchito potrebbe destare perplessità il dettato dell'articolo 35, nonché la sua mera presenza, ripensando al percorso attraverso il quale ci si è arrivati: nel luglio 2016 la Federazione Ipasvi aveva pubblicamente assunto una posizione molto chiara attraverso la relazione della presidentessa Mangiacavalli in Senato (presso la Commissione Diritti Umani) in cui venne esposta la politica federativa per la riduzione dell'utilizzo della contenzione meccanica, ammettendolo solo nei casi in cui si presentasse un evidente pericolo di suicidio o di eterolesionismo, nonché per la salvaguardia dei presidi salvavita.

E tale manifestazione giunse appena dopo la rimozione del termine "contenzione" dal testo di progetto del nuovo codice, in un quadro di ripudio che nulla meglio del silenzio può rappresentare: la pratica contenitiva non era più nominata. Il naturale incipit che ne derivò fu che per la professione infermieristica tale atto, sanitario o meno che lo si volesse intendere, non poteva più esistere.

E poi la marcia indietro. A distanza di circa due anni la contenzione riappare, in un articolo testualmente più articolato di quanto lo fosse nella versione del 2009:

Art 35 – Contenzione
L’Infermiere riconosce che la contenzione non è atto terapeutico.

Essa ha esclusivamente carattere cautelare di natura eccezionale e temporanea; può essere attuata dall’équipe o, in caso di urgenza indifferibile, anche dal solo Infermiere se ricorrono i presupposti dello stato di necessità, per tutelare la sicurezza della persona assistita, delle altre persone e degli operatori.

La contenzione deve comunque essere motivata e annotata nella documentazione clinico assistenziale, deve essere temporanea e monitorata nel corso del tempo per verificare se permangono le condizioni che ne hanno giustificato l’attuazione e se ha inciso negativamente sulle condizioni di salute della persona assistita.

Certamente il passaggio dal silenzio ad una maggiore elaborazione contenutistica rispetto al passato, ha (eufemisticamente) deluso coloro i quali da anni si stanno adoperando e battendo in prima persona per l'abolizione di una pratica altamente lesiva dei diritti inviolabili della persona, quali la dignità, la libertà, l'autodeterminazione, che il codice stesso proclama mutuandoli dalla Carta Costituzionale.

Per i filantropi si tratta di una pratica che le coscienze individuali dei cittadini dovrebbero ripudiare dal proprio bagaglio culturale e i professionisti della sanità abbandonare prima ancora che una legge scritta, di qualsivoglia natura e provenienza, indichi come illecita.

Troppo poco si è parlato della cultura della non contenzione
La realtà italiana, famosa per le proprie disomogeneità, mostra tale carattere anche nella normativa regionale relativa alla contenzione (gli obiettivi variano dal buon uso al superamento, dall'abolizione alla limitazione) denunciando essa stessa la latitanza di un intervento statale incisivo in materia: la presunta sopravvivenza dell'articolo 60 del R.D. n. 615 del 1909, che ammetteva l'uso dei "mezzi di coercizione" per la gestione dei "folli" e degli "alienati" all'interno dei "manicomi", ha consentito l'utilizzo dei mezzi meccanici contenitivi in sanità sino alla sentenza della Cassazione sul caso Mastrogiovanni (nella quale gli ermellini ne hanno accertato la tacita abrogazione da parte della legge Basaglia). E si parlava di "riduzione" e "casi eccezionali" già 110 anni fa.

Ma il problema sta proprio qui, nell'asset culturale che, realisticamente, in Italia trova ancora un terreno tutt'altro che fertile all'abbandono della prassi, come già aveva registrato il Comitato Nazionale di Bioetica nel parere del 23 aprile 2015 denunciando l'assenza di sforzi per un tale mutamento.

Infatti troppo poco si è parlato della cultura della non contenzione e di iniziative come quella che ha portato alla sottoscrizione della "Carta di Trieste sulla non contenzione”.

Ma ci sono anche altri elementi che hanno deviato il percorso di creazione dell'articolo 35 e che non possono essere sottovalutati.

L'evoluzione da Collegio a Ordine ha portato con sé maggiori responsabilità per l'organo stesso, con conseguente intensificazione delle attività di controllo e sanzione: ovviamente alla luce di una eventuale regolamentazione deontologica più stringente rispetto a quella giuridica (o meglio, giurisprudenziale) l'Ordine si sarebbe messo nella condizione di dover irrogare molte più sanzioni di quelle potenzialmente ravvisabili (sui medesimi casi) dai magistrati.

Va segnalata la sentenza della Cassazione che, al termine dell'iter processuale sul caso Mastrogiovanni, ha dettato importanti principi di concetto e di giudizio in tema di uso e di abuso della pratica contenitiva meccanica: non è affatto un caso che buona parte di essi siano condensati e in estrema sintesi espressi dai primi due capoversi dell'articolo 35.

Contenzione e il vuoto normativo statale
In questa scelta il nuovo organo istituzionale di governo della professione è tutt'altro che degno di biasimo: il vuoto normativo statale è l'espressione di una granitica resistenza culturale alla filosofia "no restraint" e "open door" che in buona parte dell'Europa si è affermata sin dal XIX secolo.

In tale substrato, di fronte ad un eventuale “silenzio deontologico”, nella maggior parte delle regioni italiane gli infermieri si sarebbero trovati in totale contrapposizione con il proprio referente istituzionale in quanto privi di una adeguata formazione, mentale e pratica, utile all'abbandono della contenzione, alla mercé di una regolazione professionale in netta antitesi con quella giuridica e giurisprudenziale (quest'ultima ammette e talvolta pretende l'uso delle contenzioni).

Attualmente le principali carenze di sistema riguardano la refrattarietà degli ambienti giurisprudenziali ad assorbire il concetto di ineliminabilità del rischio di caduta - da un lato - e la mancanza di adeguate strategie di pianificazione e attuazione della prevenzione in capo alla maggior parte degli infermieri operanti nelle realtà assistenziali, dall'altro.

Assiologicamente è comprensibile la non condivisione da parte dei professionisti che la svolta culturale l'hanno già intrapresa e ne testimoniano quotidianamente la sostenibilità (quantomeno nelle realtà residenziali) della scelta effettuata da FNOPI, ma strategicamente non possiamo ritenere inadeguata tale statuizione alla luce dei limiti di attecchimento che l'imposizione del totale divieto a priori avrebbe ragionevolmente sortito.

In tal senso sembra maggiormente condivisibile un intervento di guida e indirizzo promanato a livello deontologico, in linea con i dettami della Suprema Corte, che faccia da traino per le coscienze dei meno avvezzi al cambio radicale di forma mentis.

A tale impostazione tuttavia sembra mancare un elemento essenziale per ottenere il salto culturale nel medio termine: riteniamo indispensabile il completamento di quanto previsto nel codice deontologico attraverso la previsione di un programma di precipui percorsi di formazione e aggiornamento (obbligatori) per i professionisti in attività e l'inserimento di moduli ad hoc nei corsi di laurea per gli studenti universitari.

La rivoluzione parte sempre 'dal basso' e le idee si cementano nelle coscienze attraverso la prassi

news - 16/05/2025 16:03

cancelliamo Regioni, Province ed enti inutili: questa è la vera riforma

rinox - 14/05/2025 19:22

Il Pardini e Giani bevono e inaugurano ma non hanno succo politico

Vero - 13/05/2025 22:13

Giani è un grande frequentatore di inaugurazioni e aperitivi come il Pardini

Enrico - 13/05/2025 09:16

I governatori non servono altro che ingolfare

Franco - 12/05/2025 18:39

Intanto smettiamo di chiamarli governatori!! Sono presidenti di regione e non governatori! Basta con queste boiate!!

anonimo - 12/05/2025 00:01

Sono sempre stati magna sanita' in Toscana

Elio - 11/05/2025 14:28

Chi se ne importa se è "di sinistra", oppure "di destra"!!! Sbagliato è accentrare tutti i poteri nelle mani delle regioni. Hanno svuotato i territori e creato dei cacicchi non potentissimi, ma addirittura prepotenti.

anonimo - 11/05/2025 00:15


“Psichiatria abbandonata: chi difende chi cura?”: la denuncia di Anaao Assomed



Sotto accusa la mancata protezione del personale sanitario nei reparti psichiatrici della ASL Città di Torino



Da mesi l’Anaao Assomed denuncia episodi di grave insicurezza nei reparti psichiatrici dell’Ospedale Amedeo di Savoia e degli altri presidi dell’ASL Città di Torino. Lo spiega la dottoressa Chiara Rivetti di Anaao Assomed Piemonte.

"Le aggressioni al personale si ripetono con una frequenza preoccupante, e l’assenza di interventi concreti da parte della Direzione e della ditta incaricata della vigilanza interna espone ogni giorno medici, infermieri e operatori sanitari a rischi inaccettabili.

L’ennesimo episodio si è verificato ieri, quando un paziente in stato di grave agitazione ha messo a repentaglio la sicurezza di persone e beni nel SPDC dell’Ospedale Amedeo di Savoia. Il personale sanitario ha richiesto l’intervento della guardia giurata interna, che si è rifiutata di entrare, sostenendo di non essere autorizzata a farlo nei reparti psichiatrici. Una posizione giustificata, secondo la vigilanza, da un ordine non scritto ma imposto verbalmente dalla responsabile della ditta Cosmopol, che gestisce il servizio. Solo dopo oltre 15 minuti di insistenza e sotto minaccia di denuncia per omissione, la guardia ha accettato di entrare, mentre la situazione in reparto restava fuori controllo.

A ciò si aggiunga il mancato intervento delle Forze dell’Ordine, che anche in questa occasione, come già accaduto in precedenza, hanno risposto di non avere giurisdizione nei reparti di psichiatria, richiamandosi a protocolli interni non trasparenti.

Questo è l’ennesimo caso.

Già il 22 ottobre 2024 un vigilante aveva rifiutato l’intervento in SPDC dicendo: "Nel mio mansionario non è previsto l’intervento in psichiatria", abbandonando il reparto. Anche allora il 112 non intervenne, sostenendo che la richiesta doveva arrivare dalla Direzione Sanitaria.
Ancora, il 3 dicembre, un altro episodio: un paziente in trattamento sanitario obbligatorio aggrediva con calci e pugni l’equipe sanitaria. Anche in quel caso la guardia rifiutò l’ingresso.

La situazione di grave rischio per gli operatori, è già stata portata ripetutamente all’attenzione dell’ASL, ma nonostante una diffida ufficiale inviata da Anaao alla Direzione ASL Città di Torino il 10 marzo scorso, nulla è cambiato : nessun provvedimento concreto è stato adottato per garantire la sicurezza di medici, infermieri e operatori sanitari che lavorano nei reparti psichiatrici.

A ciò si aggiunge l’incomprensibile inerzia delle Forze dell’Ordine, che, pur allertate, si rifiutano di intervenire richiamandosi a una presunta prassi, secondo cui l’attivazione potrebbe avvenire solo tramite il Direttore Sanitario.

Il personale della Psichiatria lavora in condizioni che nessun altro reparto dell’ASL tollererebbe. Due infermieri sono ancora in infortunio a seguito di aggressioni. Cosa dobbiamo aspettare? Che ci scappi il morto?

Chi sceglierebbe oggi di fare lo psichiatra in queste condizioni? Le continue aggressioni, l’assenza di protezione e l’isolamento operativo stanno generando una vera e propria crisi di vocazione, con gravi difficoltà nel reperire professionisti disposti a lavorare nei reparti psichiatrici.

Il datore di lavoro ha il dovere di tutelare i proprio dipendenti e di consentire loro di lavorare in condizioni di sicurezza. Questo non avviene nei reparti di psichiatria dell’ ASL Città di Torino.

La situazione ha superato ogni limite.

In assenza di misure concrete e tempestive, l’Anaao si riserva azioni legali, ispettive e di mobilitazione pubblica a tutela dei lavoratori e delle lavoratrici. Il diritto alla sicurezza non è un’opinione: chi cura ha diritto a non essere abbandonato".

Dr Lezzi - 10/05/2025 19:13

In Toscana la psichiatria è allo sfacelo troppi direttori e trattati come internati senza diritti nei reparti

Silvia - 10/05/2025 19:05

Ma chi è capo della Regione Toscana sarà bmica di sinistra ?

Iris - 10/05/2025 14:32

siamo in italan

rina - 10/05/2025 03:09

Con questi poteri ed in questa forma le regioni non sono inutili, sono dannose! Le regioni dovrebbero avere solo compiti legislativi (sulle materie delegate) e di coordinamento (fare i bandi per spendere i soldi europei). Le funzioni amministrative dovrebbero essere tutte decentrate alle province.

anonimo - 10/05/2025 01:56

Credo che la Regione Toscana debba dimettersi e nuove votazioni

Claudio - 09/05/2025 20:10

A me pare una strana notizia

Lilia - 09/05/2025 14:34

abolire regioni e tutti i vertici asl che ogni giorno inventano un direttore del direttore del direttore

mister x - 09/05/2025 11:15

....le regioni!!!

Anonimo - 09/05/2025 00:54

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